Incontriamo Beppino Englaro poco prima dello spettacolo delle 20.00, nella piazza centrale  di Ferrara. Ci accoglie  con un sorriso grande, dall’altro lato del marciapiede.La sensazione  che abbiamo è che la sua presenza riesca a riempire tutto lo spazio che lo circonda:senza ingombro, nè invadenza, ma con la chiara percezione di quale sia  il suo posto nel mondo: è un padre, è  il padre.

Siamo felici di incontrarlo, di rivederlo.

L’abbiamo lasciato il 4 dicembre, in una fredda serata invernale, dopo la partecipazione alla Conversazione sul lutto del 2013 che lo ha visto protagonista, e lo incontriamo ora, dopo che il Consiglio di Stato ha messo la parola fine alla vicenda giuridica di Eluana Englaro, con sentenza del Consiglio di Stato n. 04460, depositata il 2 settembre 2014, con la quale il giudice speciale amministrativo ha respinto l’appello presentato dalla regione Lombardia contro la sentenza del Tar lombardo n 314 del 26/01/2009.

Il diritto a una morte dignitosa, sulla scia del caso di Eluana Englaro, si consolida: la decisione di somministrare al paziente l’alimentazione e l’idratazione artificiale è infatti in tutto e per tutto un «atto medico». E’ quindi diritto del paziente o del suo tutore decidere di rifiutarlo o interromperlo, secondo quanto previsto dall’art. 32 della Costituzione. E la Regione guidata all’epoca da Roberto Formigoni aveva l’obbligo di garantire la sospensione delle terapie alla donna rimasta in stato vegetativo per quasi 18 anni. Il Tar lombardo aveva accolto il ricorso di Beppino Englaro, padre di Eluana – morta a Udine il 9 febbraio 2009 a seguito dell’interruzione della nutrizione artificiale – contro il provvedimento della Dg Sanità della Regione Lombardia del 3 settembre con il quale la stessa Regione respingeva la richiesta, formulata dal padre di Eluana, di mettere a disposizione una struttura per il distacco del sondino naso-gastrico che alimentava e idratava artificialmente la ragazza. Eluana Englaro, fu infatti trasportata in Friuli nel febbraio 2009, alla clinica La Quiete di Udine, in un ultimo viaggio in ambulanza, per vedere attuata la sentenza della Cassazione che autorizzava la sospensione del trattamento terapeutico e del sondino nasograstrico, e che la Lombardia si rifiutò di attuare.«La decisione di somministrare al paziente l’alimentazione e l’idratazione artificiale – si legge nella sentenza del Consiglio di Stato – è, in tutto e per tutto, il frutto di una strategia terapeutica che il medico, con il consenso informato del paziente, adotta valutando costi e benefici di tale cura per il paziente, ed è particolarmente invasiva, per il corpo del paziente stesso, poiché prevede, nel caso della nutrizione enterale, addirittura l’inserimento di un sondino che dal naso discende sino allo stomaco o l’apertura di orefizio, attraverso un intervento chirurgico, nell’addome».«L’inserimento, il mantenimento e la rimozione del sondino naso-gastrico o della Peg sono dunque atti medici», continua la sentenza. «E non possono in alcun modo essere considerati una forma di alimentazione sui generis, quasi un regime dietetico a parte, un surrogato dell’alimentazione e idratazione naturale».Il nodo delicatissimo sollevato dalla Regione Lombardia è quello del «diritto a morire», che secondo l’appellante non trova spazio nel nostro ordinamento e soprattutto non è contemplato dalla complessa disciplina di settore, che regolamenta il Servizio sanitario nazionale, e tra i Lea, i livelli di assistenza sanitaria.«La Regione trascura in questo modo però – si legge nella sentenza del Consiglio di Stato – che a base del proprio rifiuto di ricoverare l’assistito (per la rimozione del sondino ndr) essa ha inteso porre e imporre d’imperio una visione assolutizzante, autoritativa della “cura” e, in ultima analisi, al suo fondamentale e incomprimibile diritto di autodeterminazione terapeutica, quale massima espressione della sua personalità».

E’la vittoria del diritto all’ autodeterminazione (e non all’eutanasia come erroneamente ha riportato ieri il giornale locale “La Nuova Ferrara “in un trafiletto di presentazione dell’evento); una rivincita della vita sul tabù della morte.

Ed è il tabù della morte che Radaelli affronta nel suo spettacolo, davanti ad un folto  e variegato  pubblico : studenti dell’età di Eluana all’epoca dell’incidente, insegnanti, donne e uomini, padri e madri dell’età di Beppino, alcuni accomunati dall’insostenibile dolore per la perdita di un figlio.

Uno spettacolo misurato, a dispetto dei contenuti trattati: la dismisura di un’agonia durata 17 anni, la sproporzione tra le richieste che fosse rispettato il diritto alla libertà prima del diritto alla vita e la violenta reazione politica e religiosa che si è scatenata,  lo squilibrio tra la smania di preservazione ad oltranza della vita e il dolore di una morte rimandata troppo a lungo, nonostante fosse stata scelta prima che la tragedia avesse inizio.

Intorno ad Eluana ed al suo corpo si è detto, scritto e dibattuto; è diventato epicentro di fatti, ragionamenti, dibattiti privati e mediatici nazionali e locali, interventi legislativi di diversa natura, dichiarazioni, scontri. Si sono scomodate cariche politiche, religiose, menti autorevoli, mass media, web fino a coinvolgere voci sparse e variegate di ogni mestiere e provenienza. E da quel corpo Radaelli  riparte per restituire ad Eluana  la veglia laica che non le è stata subito concessa : a luce di candela, attraverso il linguaggio teatrale e  nella suggestiva atmosfera che si crea  tra attore e spettatori , ricostruisce intorno a lei e al padre  una comunità di persone che  anche solo per un attimo, riescono a sussurrare le dolci parole di cui hanno bisogno i morituri, e a stringere le  mani che perdono calore nell’estremo tentativo di  infondere coraggio e rassegnazione a chi ci sta lasciando.

 

Lo spettacolo ci consente di non essere smemorati, ciechi, e silenti: Radaelli recupera fili di avvenimenti di un passato recente, all’apparenza conclusi con una morte, ma che restano tutt’ora sospesi, faticosamente legati a svolgimenti che non hanno diretto impatto sulle vite di una sola famiglia, di un solo corpo, avvenimenti che sono diventati parole, immagini, simboli, sentenze.Non si tratta di un volto solo – che pure appare, a fine spettacolo,  in una bellissima fotografia di Eluana appoggiata sul pianoforte, presente come se non se ne fosse mai andato-  di un solo nome  o di una solo storia:si tratta dei corpi di ogni singolo individuo, delle volontà di ciascuno, dei diritti di tutti, sui quali è necessario approfondire, conoscere, disporre perché, come spiega Beppino, citando Pulitzer, è “l’informazione che fa la differenza”, soprattutto quando ci si trova in situazioni in cui “non è la speranza l’ultima a morire, ma morire è l’unica speranza”.

 

Con l’invito concreto a disporre anticipatamente, quando si è   lucidi e  consapevoli, circa le terapie che si intende  accettare o rifiutare qualora accada un incidente che non consenta di far valere la propria volontà nel campo delle scelte mediche, segnaliamo  il link ove ciascuno può reperire le informazioni relative al registro dei testamenti biologici del  Comune di Ferrara

http://servizi.comune.fe.it/index.phtml?id=4950

 

Approfondimenti

Documenti

Sentenza del consiglio di Stato n.04460/2014

Sentenza delle Corte di Cassazione n 21748 /2007

 

 

 

 

 

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