Cari nonni

Ogni sera, prima che il sole tramonti, mi scopro a fissare l’orizzonte che segna il confine tra il cielo e la terra. E, ogni sera, quella linea sottile e, allo stesso tempo, marcata mi sembra che prenda le sembianze di un filo che collega ciò che vedo e ciò che, invece, non posso più vedere.

A volte cerco di immaginare che cosa esista al di là del cielo, dove, da sempre, mi hanno insegnato vadano le persone che non sono più con noi. Ora che nessuno di voi è più qui, cari nonni, ho bisogno di immaginarvi, di vedervi, da qualche parte. Vi penso insieme, circondati dalla luce. Dove siete? Siete attorno ad un tavolo, mentre nonno Alessio racconta le barzellette e nonna Iris serve una scodella fumante di tagliatelle? Oppure siete al mare, o in collina, alla Caricheria, con le sedie in cerchio sul ciglio della strada, con tre posti sempre vuoti per quelli che stanno per arrivare? Siete felici? Ci vedete? Sentite la nostra mancanza? I sentimenti umani restano anche quando si varca irrimediabilmente la soglia dell’eternità?

Oggi so che la vita è quello spazio di mondo che ci viene donato per cercare una risposta a tutte queste domande. Ci sono giorni in cui passo il mio tempo a cercare segnali della vostra presenza. Quelli sono i giorni più difficili, in cui cerco a tutti i costi la strada giusta, persa fra mille sentieri che portano da nessuna parte.

Siete stati una parte fondamentale della mia vita e non c’è giorno che non senta la vostra mancanza.

Forse è proprio questa la domanda più dolorosa: perché, presto o tardi, dobbiamo separarci dalle persone che amiamo? Perché quel “per sempre” in cui tanto speriamo non può essere qui, in quello che già stiamo vivendo?

A volte, proprio mentre sono immersa in questi pensieri, un soffio di vento mi accarezza. Allora immagino che sia qualcuno di voi, passato a darmi quell’abbraccio in cui vorrei tanto sentirmi avvolta.

Cerco di immaginare la vostra voce, ripeto nella mia mente le frasi che mi sono più care, perché ci sono momenti in cui temo di dimenticare.

Guardo mio figlio giocare nel giardino di fronte a me. Quante cose del passato non può conoscere. È così la vita. Lui vive il suo presente, così come io l’ho vissuto. Io e suo padre gli abbiamo insegnato a conoscervi, attraverso i nostri racconti, le nostre risate, e anche attraverso le nostre lacrime. Ci piace pensare che anche lui vi consideri come un pezzo di vita, anche se la maggior parte di voi non li ha potuti conoscere. Ma ha sentito il vostro amore ed è questa la luce che porta con sé. Edoardo, come noi, ha vissuto quell’amore che cambia la vita, che la plasma e la spinge laddove a volte non penseremmo mai.

Vivo con questa speranza, mentre affronto i piccoli e grandi dolori di ogni giorno: che quell’amore che porto dentro, e che voi mi avete donato senza riserve fino all’ultimo giorno della vostra vita, possa continuare a plasmare la mia esistenza e trasformarla in qualcosa che, in alcuni momenti, non riesco ad immaginare, ma che corrisponda alla ragione per cui mi trovo qui.

Monica Betti, insegnante di Scuola dell’infanzia

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