Non importa se non sei mai nata, sei comunque mia figlia. Non possiamo essere sicuri che fosse una femmina, mi risponderebbero. Io lo so. Eri femmina. Sei femmina. Sei Maria. Questo è un nome di invenzione, non è registrato all’anagrafe. Ma io lo farò. Chiederò che il tuo nome venga registrato, che la tua vita venga registrata, perché nessuno possa dimenticare o fingere che le nostre esistenze non si siano incrociate. Costruirò una scatola, la nostra scatola dei ricordi. Non ci può essere nessuna scatola, non c’è nulla da mettervi dentro; e poi, è meglio dimenticare. Ci metterò le scarpine di lana che ti avevo cucito e la scatola del test di gravidanza, anche la fotografia che mi ha scattato tuo padre al mare il giorno in cui gli ho detto che aspettavo te. La conserverò con cura nel mio armadio e la aprirò ogni volta che la nostalgia si farà troppo forte, ogni volta che non vorrò sentirmi sola. Ogni volta che vorrò sentirmi ancora madre. E poi ti porterò un fiore. Non c’è nessuna lapide, nessuna tomba, nessun luogo dove tu possa lasciare un fiore. Ti porterò una rosa, la gemma più bella che riuscirò a trovare. E la poserò nella nostra tomba di famiglia, dove farò scrivere anche il tuo nome. Maria. Senza data, perché il tempo non esiste. Sono nata per essere tua madre e vivrò per continuare ad esserlo. Il fiore appassirà. Ed io ne metterò un altro, e poi un altro, e poi un altro ancora. Tutti i giorni, finché sarò viva.  Avrai altri figli. Può darsi. Può darsi di no. Ma poco importa. Ogni altro figlio che il cielo vorrà donarmi, non sarà comunque la figlia che ho perduto. Non parliamone più, andiamo al cinema. Voglio parlare di te, voglio raccontare ogni particolare: la vernice che avevo acquistato per ritinteggiare la tua camera, i libri di favole che avevo chiesto a mia madre, tua nonna, di tirare fuori dalla cantina, la musica lenta che ascoltavo ogni sera pensando che anche tu l’avresti sentita. Non poteva sentire niente, era troppo piccolo. Era piccola. Maria. Ma capiva già tutto. Che l’amavo al di sopra di ogni cosa al mondo e che mai mi sarei voluta separare da lei. Altrimenti non mi avrebbe dato il tempo di prepararmi, di immaginarmi come sarebbe stato essere madre, di sognare. Non guardarla, soffriresti ancora di più. Voglio vegliarla. Voglio cullarla, come se volessi farla addormentare. Voglio che senta il mio profumo, che porti con sé il ricordo delle braccia di sua madre. Torna a casa. Prima voglio celebrare il funerale. Voglio che venga il sacerdote a benedirla, voglio che venga deposta nella bara, voglio accompagnarla nel cammino che ci resta. Anche se può sembrare che niente sia mai iniziato, io invece sento che tutto è stato compiuto. Meglio non dire niente agli altri figli. Il vuoto che hai lasciato parla già di te, anche ai tuoi fratelli che ti aspettavano. Si può amare anche chi non si è mai conosciuto. E tu sei stata tanto amata Maria. Parlerò ai tuoi fratelli di te. Dirò loro che ora sei nel vento, nei germogli dell’orto, nelle lacrime, in ogni raggio del primo sole. Sei ovunque, anche quando sembra che tu non sia da nessuna parte. Così crei in loro solo confusione, chi pensi che crederà loro quando diranno di avere una sorella? Loro ci crederanno. Solo chi ha perso qualcosa conosce la mancanza. E la mancanza può essere colmata solo con il ricordo. E perché ricordare? Perché siamo vivi. Perché la nostra vita è una costellazione di esperienze, belle e dolorose. È forse togliendo un sasso che si rende la salita meno faticosa? No, ma troviamo così tanti sassi sul nostro cammino che non credi sarebbe bene, quando si può, evitarne qualcuno? L’unico modo per evitare un sasso è allungare la strada. Voglio dire che esistiamo malgrado tutto quello che ci capita e, che lo vogliamo o no, tutto ci tocca e ci cambia profondamente. Perché allora, invece di evitare i sassi, non proviamo a raccoglierli? Ogni sasso ci ricorderà una fatica, un dolore. Ma non riuscirà ad offuscare la bellezza di ciò che abbiamo intorno, una volta raggiunta la vetta. Vuoi dire che si può continuare ad essere genitori anche quando i figli muoiono, anche quando non vengono mai al mondo? Voglio dire che c’è un modo per continuare ad essere e ad esistere, anche quando tutto intorno sembra crollare. Io verrò da te. E ti porterò un fiore.

Monica Betti, insegnante di Scuola dell’infanzia, docente del Master

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