Dopo la perdita di una persona cara, non esprimendo il dolore, si rischia di rinunciare a tutto e a tutti, dalla relazione con i figli, fino a dover lasciare la dimora di famiglia. È questo che sta per accadere al giovane Michael Banks, vedovo da un anno, finché non arriverà Mary Poppins…

Ilaria Bignotti, psicologa

Accolgo sempre con una sorta di sfiducia e di pregiudizio il sequel di qualunque opera, soprattutto se ad essa sono affezionata fin da bambina. Sto parlando del film “Mary Poppins, il ritorno”, diretto da Bob Marshall nel 2018 e prodotto da Walt Disney Pictures. Il film, inaspettatamente, mi ha permesso di individuare intensi sentimenti legati alla perdita e al lutto, sicuramente favorita nel riconoscerli dalla maggiore maturità acquisita. Il film ci mostra un giovane Michael Banks con i suoi tre figli piccoli: ha perso la moglie da un anno e non è ancora in grado di verbalizzare la propria sofferenza, mettendo a rischio la relazione affettiva con i bambini e la situazione economica, fino a quando riuscirà ad ammettere la nostalgia per la moglie e i propri limiti di genitore e di uomo. Particolarmente significative le scene in cui Mary Poppins, portando i tre bimbi nella realtà figurativa dipinta sul “vaso sbeccato” appartenuto alla loro madre, presta il suo nastro fucsia per tenere insieme una ruota spezzata di un carro. Una volta tornati alla realtà, il nastro rimarrà dipinto sull’oggetto. Il film indica una facilitazione per narrare il dolore: vero è che la ruota si può aggiustare, ma altrettanto vero è che rimarrà sempre incrinata, finché il bel nastro di Mary Poppins non si incastonerà tra le due parti. Soltanto allora i bambini potranno rendersi conto del proprio dolore e, parlandone, lo trasformeranno in ricordo e, poi, in memoria. Incantevole e delicato è il ballo degli acciarini, portatori di luce. Grazie alla coreografia e alle presenze sicure e rassicuranti di Mary Poppins e degli acciarini, il luogo in cui riposa la mamma da “sotto terra” tetro e inospitale diviene allegro e colorato. I bambini così, potranno pensarla non più al freddo, al buio e nell’angosciante e assoluto silenzio. Dietro alla ricerca del contratto di proprietà, determinante per poter rimanere nella casa di famiglia, si avverte la profonda fiducia riposta da Michel e Jane nei propri genitori Banks, ormai dipartiti da anni, ma la cui presenza è confortante e piena di promesse che verranno mantenute. Il sentimento provato dai fratelli deriva da un lungo percorso di elaborazione della perdita e del lutto, durante il quale la mancanza dei genitori si è tramutata in memoria; una memoria che non tradisce. Quando Michael comincerà ad ammettere la sofferenza per la mancanza della moglie, riuscirà a soffermarsi ad osservare un disegno della loro famiglia felice (e a ritrovare il contratto di proprietà della casa) scoprendo che la loro non è una semplice abitazione, ma rappresenta la loro storia famigliare, il loro passato, il loro presente e il loro futuro, pur in assenza di persone care. Nelle ultime scene, Mary Poppins ci accompagna da un Super-Io camuffato da una magistrale Angela Lansbury. Durante una passeggiata nel parco, una misteriosa anziana, venditrice di magici palloncini colorati, raccomanda di scegliere bene il proprio palloncino: solo chi se lo sarà meritato potrà volare in cielo, ridere e cantare. Per chi ha intrapreso il percorso di elaborazione del lutto, parlando, cantando e comportandosi onestamente, il premio sarà assicurato. Coloro i quali hanno tentato di approfittare del dolore e della perdita subìti da altri non potranno godere di questa avventurosa ascesa: nessun palloncino, per quanto brillante, li porterà nel variopinto cielo, rallegrati dal suono dei canti e delle risate. Alla fine, anche il ciliegio potrà ritornare a fiorire, come aveva profetizzato la madre. La porta di casa si aprirà di nuovo, lasciando entrare e uscire tutto e tutti.

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