Romanzo di Tiffany McDaniel

L’estate di una piccola cittadina americana viene sconvolta dall’arrivo di un bambino, senza nome né genitori, che dice di essere il diavolo. Viene accolto dalla famiglia anticonformista che, in maniera provocatoria, aveva scritto un’inserzione sul giornale locale, invitando Lucifero in persona a presentarsi, convinta com’era di saper distinguere il bene dal male e di poterlo dimostrare a tutta la comunità. Il bambino, al quale viene dato il nome di Sal, diviene così il terzo figlio acquisito della famiglia Bliss, che ha già un primogenito, Grand, il quale ha la fama di grande atleta e seduttore, e Fielding, il figlio più piccolo, narratore di questa storia. Le vicende ruotano intorno alla figura di Sal, seguendo il suo rapporto con Fielding e l’intera famiglia Bliss, nell’arco di un’estate che segnerà per sempre il destino di tutti coloro che, in qualche modo, entreranno in contatto con la figura di questo enigmatico ragazzo che, all’apparenza, sembrerebbe non avere nulla di così particolare, a parte il fatto di essere convinto di essere il re delle tenebre. In realtà, Sal rappresenta l’Altro, la diversità. Ed è proprio la diversità con la quale si manifesta nelle sue relazioni con gli altri, nei pensieri, nel linguaggio, a far dubitare dell’essenza umana del ragazzo. Quando poi, a questo, si uniscono alcuni eventi macabri e dolorosi che colpiscono la cittadina come un torrente in piena, ecco che questo fornisce il giusto alibi per credere che, davvero, il piccolo Sal sia l’incarnazione del male. Sal è il diavolo? Per scoprirlo bisogna leggere questo romanzo, profondo e doloroso, capace di attraversare tutti gli strati della nostra coscienza, scavando nei nostri pensieri nascosti, nei nostri pregiudizi, nelle verità inconfessabili. A volte ci rassicura il pensiero che il male abbia un corpo, perchè questo ci permette di isolarlo e, nella nostra convinzione, di affrontarlo. Leggere questo romanzo ci aiuta ad attraversare la consapevolezza che, in realtà, molto spesso, il male è ciò che scegliamo. Non ne comprendiamo sempre le ragioni e, anche quando la nostra vita viene segnata da un dolore profondo, assimiliamo ad esso un senso di sconfitta e di sostanziale ingiustizia. Questi sentimenti ci paralizzano, non consentendoci di assumere un ruolo proattivo, di vedere oltre il dolore per coltivare la speranza in una rinascita. Il dolore insegue il male, il male provoca altro dolore, in una spirale che sembra non lasciare alcuna tregua, né via di scampo. Siamo convinti che il diavolo conosca la cattiveria, la menzogna, il disonore. Ed è vero. Ma conosce anche il dolore profondo. Conosce il dolore di chi viene rifiutato dopo aver provato l’amore e la bellezza assoluti. Conosce il rimpianto di chi ha deciso deliberatamente di rinnegare l’amore ricevuto, pur conservandone l’eterna nostalgia. Sal forse è il diavolo, ma è anche ciascuno di noi, quando decidiamo di allontanarci da tutto ciò che sappiamo, quando fingiamo di non conoscere quanto l’amore e l’accoglienza possano avvicinarci all’altro, quando permettiamo alla divisione ed al giudizio di sovrastare le nostre vite, ignorando la sofferenza ed il grido di aiuto di coloro che ci circondano. La nostra vita può cambiare in un’estate, in pochi attimi, e non essere mai più quella di prima. Quale può essere, quindi, la soluzione? Accogliere anche il dolore. Accettarlo, non averne paura. Avere fede. In Dio, nell’Universo, non importa. Avere fede che anche la strada più tortuosa possa portare ad un luogo di felicità. Esiste una scalinata che collega cielo e terra. Si dice che sia proprio su quella scala che è stato gettato Lucifero, una volta scacciato dal paradiso. Si dice che, rotolando alla velocità della luce verso un mondo sconosciuto, abbia sentito il dolore provocato dallo spigolo di ogni singolo gradino e che, arrivato all’ultimo di questi, Dio lo abbia afferrato per una mano. Dio non rinnega mai le sue creature, nemmeno quelle più abiette e, in quell’ultimo estremo gesto, ha confermato l’amore che salva. È il ricordo di quell’amore che, molto probabilmente, ha condannato il diavolo stesso alla sofferenza eterna. Perché egli poteva lasciarsi salvare e, invece, ha deciso di proseguire il suo salto nelle tenebre, sganciandosi da quell’abbraccio. È stato un gesto di odio? Non lo sapremo mai. L’autrice ne offre una lettura sublime, che accende un lume di speranza in un mondo caratterizzato dalla paura e dalla divisione netta tra bene e male, tra giusto e sbagliato. Il diavolo si è lasciato cadere, rifuggendo da quella stretta. Ha scelto di essere definitivamente ciò che oggi è. Lanciando al suo creatore un ultimo sguardo, l’ha odiato o lo ha amato? Non c’è una risposta, se non il pensiero che questo gesto, visto dai più come lo sprezzo estremo dell’amore, costituisce anche l’atto che ha permesso in eterno di confermare la grandezza di Dio.

Monica Betti, insegnante di Scuola dell’infanzia

Categories: