Quando Maura sentiva che le stava venendo la febbre cominciava subito a prendere un intruglio non ben specificato di medicine e rimedi naturali. A volte non bastava e ricordo quegli occhi febbricitanti che desideravano solo un letto e il riposo che la vita non aveva potuto concederle. Allora le chiedevo perché non si prendesse qualche giorno per curarsi bene, perché non rimanesse sotto le coperte, perché non si decidesse, almeno una volta, a fare l’ammalata. “Perché non me lo posso permettere”, mi rispondeva sempre. Maura era la mamma di una bambina, poi ragazza e ora donna, disabile. Era punto di riferimento per la sua famiglia, che contava su di lei per un’organizzazione quotidiana che non ammetteva ritardi né cambiamenti repentini. Per questo si imponeva di dimenticarsi di avere la febbre, rimandava visite finché non divenivano urgenti, rinunciava ad interventi che avrebbero potuto, con un tempo di recupero adeguato, aiutarla a stare meglio. Ci sono donne che non possono permettersi di ammalarsi. Perché la vita di chi gli sta accanto ruota attorno a loro, alla loro capacità di tenere saldi i remi di una barca che viaggia in perenne equilibrio precario. Esistono donne che non possono ammalarsi. Ma si ammalano. E la malattia impone un sacrificio umano indescrivibile. Anche Maura si è ammalata. Irrimediabilmente. Improvvisamente non ci sono stati più interventi da rimandare, visite alle quali si poteva rinunciare, il divano che prendeva la polvere in salotto. A volte la malattia prevale, anche sulle persone che dimostrano tutta la forza del mondo. Prevale la malattia, ma prevale anche la vita, nonostante tutto. Prevale il desiderio di tutelare chi si lascia. E così accade che non si ha tempo di pensare alla propria morte, alle proprie paure, perché diventa fondamentale preparare chi ha sempre contato su di noi a come sarà quando non ci saremo più. Improvvisamente era diventato importante ricordarsi in quale ripiano trovare il caffè, quali numeri chiamare se i figli si ammalano a scuola, era diventato fondamentale costruire un vademecum delle cose importanti quando non ci sarebbe più stata lei a ricordarglielo. Quanta forza serve per preparare le persone che si amano alla propria malattia, alla sofferenza, alla morte? Quanto amore serve per convincere un figlio che riuscirà, anzi, dovrà vivere senza di te? Maura se n’è andata. Una sera di settembre. Senza fare rumore, senza disturbare nessuno. Ha vissuto silenziosamente la sofferenza della morte così come silenziosamente aveva vissuto le sofferenze della vita. E’ morta tenendo la mano di quella figlia alla quale aveva dedicato tutta la sua vita, l’ultima persona che aveva voluto vedere prima di chiudere gli occhi per sempre. Le aveva lasciato la lista delle cose da fare, l’aveva preparata al dolore che sarebbe venuto dopo. Le aveva insegnato come avrebbe potuto ricominciare. Esistono donne che non potrebbero ammalarsi. Ma si ammalano. E devono trovare una forza sconosciuta per aggrapparsi, nonostante tutto e tutti, alla vita. Esistono donne che non potrebbero morire. Ma muoiono. E lasciano dietro di sé una presenza nell’aria che ricorda a tutti che la vita può e deve sempre ricominciare. Ma lasciano anche nel cuore di chi le ha amate una sensazione di vuoto e di perdita che nessun tempo e nessuno spazio riesce a cancellare.