Ulf Stark

Edizioni Iperborea, 2020 (prima edizione 2017, postuma)

Continuiamo la scoperta dei libri di Ulf Stark e del suo saper condividere il racconto della vita e la morte. 

<< E se si pensa sempre ai “se”, non si combina un ficco secco>> .  Questa frase sembra fare da spartiacque nella famiglia di Ulf. Da un lato il padre del ragazzino che ai se pensa tanto, e cerca di coprirli con la musica nelle cuffie quando sono tanti. Dall’altra Ulf e suo nonno Gottfrid. Ma nonno da quando si è rotto il femore per la seconda volta, la seconda mentre spostava una pietra enorme, è stato messo in una struttura per il suo bene. Ma è come mettere un leone in gabbia. Un macchinista di grandi navi, che ha sempre comandato e diretto non può stare fermo. Ulf prova a parlarne col padre. Gli chiede di far portare il nonno in una struttura vicino alla loro casa, ma l’uomo è inamovibile. E’ come se avesse paura di avere il proprio padre troppo vicino.

Così un giorno Ulf e il nonno ordiscono insieme il piano per La grande fuga. Grazie al grande talento di entrambi per le bugie, una più divertente dell’altra, Ulf riesce ad accompagnare il nonno alla vecchia casa in cui viveva con la nonna. 

A rischio della vita, certo. Ma sembra quasi che non possa essere diversamente. C’è tutto in questo breve racconto di Stark. La paura della morte. Riti di passaggio e rituali di commiato personali e sussurrati. Risate, lacrime, Brevi squarci riflessivi. E’ anche un racconto dove i corpi sono onnipresenti. Nel loro incontrarsi, toccarsi, sostenersi. Ma anche nelle tracce che lasciano negli oggetti che creano. Veri doni del ricordo e dell’eternità, conforto per i vivi. Come la composta fatta dalla defunta moglie a cui secondo Goffrid  la donna  << Ha dato alla composta il suo tempo. E i suoi pensieri. Quindi una parte di lei è qui dentro. (…)>>. Le illustrazioni di Kitty Crowther danno forma a queste relazioni tra corpi con uno stile così personale da non risultare invadente nel processo di costruzione del proprio personale immaginario del lettore/trice.

Come altri suoi libri anche questo è però prima di tutto un inno alla vita. A non perdersi troppo nei “se”. E’ come se lo scrittore volesse ricordarci che di fronte al mistero della vita quello che possiamo fare tra noi esseri umani è di sostenerci a vicenda nelle nostre apparenti diversità, follie, bisogni. Senza giudizi. Ed è in questo clima narrativo che Ulf e nonno Gottfrid, grazie anche ad un aiutante inaspettato, compiono la loro impresa. Un viaggio di scoperta per il ragazzino ed un rituale di commiato per l’anziano. Ma la storia non finisce qui. C’è spazio per vedere come il rituale permetta all’intera linea maschile della famiglia di cambiare. Di trovare il modo per salutarsi, accettarsi. Sino all’ultimo cucchiaino dell’ambrosia della vita, per usare le parole nuove che scoprirà l’anziano uomo. Ed ecco di nuovo i corpi starsi vicini di fronte al grande mistero.

<< (…) tenevo il nonno per mano. A un certo punto si addormentò. Lo guardai e pensai a tutto quello che avevamo fatto insieme. Aveva l’aria felice. Russava piano. Lo stesso rumore di una nave che avvia i motori per prepararsi a partire.>>

Qui un approfondimento con l’intervista alla traduttrice storica di Ulf Stark Laura Cangemi su La grande fuga, https://www.facebook.com/IperboreaCasaEditrice/videos/1703453413129387/