Un bambino di nove anni pochi giorni fa è tornato a casa e ha detto: “Mamma sai che oggi nella mia squadra è arrivato un bambino ucraino che si chiama Maksym?” “No, non lo sapevo, e tu, che ne pensi?”

“Penso che sono contento, che almeno lui si è salvato, adesso può giocare con noi anche se sa fare solo i tiri liberi, non sa ancora fare i passaggi… il Mr. ha detto li imparerà.  Poi aggiunge: “Penso che gli vorrei regalare la lanterna con i colori dell’Ucraina che abbiamo costruito agli Scout l’altra settimana.”

“Mi sembra un bel pensiero tesoro, come mai?” “Per lui, per sapere che non è solo e che quelli che sono rimasti la sapranno che lui li pensa quando l’accende”. “Beh chiediamogli se la vuole…”

“Va bene, lui però mamma non parla italiano ma con il Mr. si capiscono, chiedo a lui…”. Di ritorno dal calcio il bambino racconta: “Mamma, ha detto al Mr. ok e l’ha presa…e credo abbia detto per il suo papà”.

“E tu cosa hai pensato?”  “Che non ho capito se il suo papà è ancora vivo o no, se combatte o è nascosto sotto terra perché non vuole combattere…Sai i bambini mi hanno detto che hanno sentito tante cose dalle mamme e mi ha fatto un po’ tristezza e anche paura sentirgli dire la parola papà perché dicono che la guerra distrugge tutto.”

“Hai ragione è triste e spaventa pensare che in Ucraina ci sia la guerra e il suo papà sia ancora lì. Stavo pensando che forse però non è proprio vero che la guerra distrugge tutto… questo incontro con Maksym cosa ci dice che la guerra non distrugge?”

“Beh non ha distrutto Maksym e ci ha fatto avere un giocatore in più!” “Si, è vero…e il tuo gesto che cos’è stato secondo te?” “Una Buona Azione mamma?” “Sì …una Buona Azione di vicinanza o amicizia chiamiamola come meglio credi e questo la guerra non può distruggerlo, né per Maksym, né per il suo papà…” “Forse è vero mamma, forse non distrugge tutto ma sarebbe meglio finisse presto e facessero la pace!”

La guerra ci fa paura, tanta paura da togliere il fiato; ci fa venire voglia di non rispondere neppure in dialoghi come questi, ci può togliere le parole, anche le più semplici, anche quelle di rassicurazione o di vicinanza per un bambino; ci può far ricordare improvvisamente aneddoti che le nonne e i nonni ci hanno narrato sulle guerre passate, ci può far venire voglia di non pensarci, di voltarci altrove, di cambiare canale, ci può fare minimizzare o negare la sua presenza.

Interrogarsi su come affrontare questi argomenti con noi stessi e con i bambini penso che sia fondamentale. Ci può permettere di accettarne il peso emotivo sia per poter supportare, stare vicino a chi è scappata e arriva qui con i suoi bambini e ha tantissime angosce, paure e preoccupazioni disponendo magari di informazioni contrastanti o a spot dai propri cari ma anche con i nostri bambini nelle famiglie e nelle classi delle nostre scuole o associazioni sportive/scoutistiche…

Anche i bambini che percepiscono la guerra da “lontano” si fanno domande e non dovrebbero essere lasciati soli nel farsele. La guerra comporta paure profonde, difficili da mentalizzare e da integrare nelle nostre menti e nelle nostre vite, anche per gli adulti e ad ogni latitudine emotiva ma è importante dare parola e come adulti non sottrarci al dialogo, al conforto e alla rassicurazione. Come? Con “parole di verità” come diceva il maestro Andrea Canevaro, con parole adatte ad ogni età ed infondendo speranza. Forse solo così anche i nostri bambini a loro volta creeranno legami centrati su dialogo, sulla condivisione di emozioni, sul sostegno degli altri e sul non lasciare indietro nessuno e forse così, neppure le atrocità della guerra potranno distruggere proprio tutto.  

Licia Barrocu

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