Romanzo di Massimo Carlotto

Foto scattata durante la mostra di JAGO che si è tenuta a Palazzo Bonaparte – Roma – dal 12.03 al 28.08.2022

Raffaello Beggiato è un pregiudicato che, nel corso di una rapina a mano armata in una gioielleria con il suo complice Oreste Siviero, ormai braccato dalla polizia, al culmine della disperazione, prende con sé due ostaggi prelevandoli da un’automobile di passaggio. Completamente obnubilato dagli effetti dell’eroina, nell’ultimo tentativo di sfuggire alla giustizia, spara ai suoi ostaggi: Clara ed Enrico Contin, madre e figlio di otto anni. Moriranno entrambi. Enrico prima e Clara poi, in ospedale, tenendo la mano a suo marito Silvano, che non potrà mai cancellare dalla mente le sue ultime parole: “Aiutami Silvano, qui è tutto buio”.

Beggiato viene arrestato, il suo complice Siviero invece riesce a fuggire con il bottino. Beggiato verrà condannato all’ergastolo, pur avendo accusato il suo complice, del quale si rifiuta però di fare il nome, dell’efferato delitto. Non confesserà mai di essere stato invece lui a sparare. Il progetto di Beggiato è chiaro: mantenere il segreto sul nome del suo complice, attendere un’occasione per evadere dal carcere e rintracciarlo, per reclamare e godersi la sua parte dei proventi della rapina, quanto basta per vivere nell’agio all’estero per tutta la vita.

Qualcosa, però, frena i suoi piani. Il cancro. A Beggiato viene diagnosticato un tumore incurabile. Dopo quindici anni di carcere, l’unica vera speranza di poter uscire dalla sua cella, diviene il perdono scritto dell’uomo al quale ha sterminato la famiglia, o comunque un suo parere favorevole alla sospensione della pena.

Silvano Contin, nel frattempo, ha completamente cambiato la sua vita. Avvolto, come dice lui, dall’oscura immensità della morte, ha abbandonato la sua casa, ha lasciato un lavoro impegnativo e redditizio, e trascorre le sue giornate in un negozietto in un centro commerciale ed un minuscolo appartamento dove annega nell’alcol il dolore e l’ossessivo ricordo delle ultime parole della moglie: “Qui è tutto buio”.

La richiesta di Beggiato stravolge ancora una volta ciò che è rimasto della sua vita. Determinato a non perdonare, ma vedendo in quella circostanza l’opportunità, per una volta, di avere in pugno l’esistenza di Beggiato e di conoscere l’identità del complice che ritiene l’esecutore materiale dell’uccisione dei suoi cari, entrerà in una spirale di odio e vendetta, percorrendola fino alle estreme conseguenze.

Si tratta di un testo a due voci che si alternano, quella di Silvano Contin e quella di Raffaello Beggiato. Due punti di vista inizialmente diametralmente opposti che, man mano che il romanzo procede, cominciano a combaciare fino ad invertirsi.

Si tratta di un testo breve ma meravigliosamente denso di tutte le tematiche che da molto tempo cercano di risvegliare le nostre coscienze: la condizione dei detenuti nelle carceri, la giustizia riparativa, il supporto psicologico alle vittime, ma anche ai carnefici.

I protagonisti ed i personaggi di questo romanzo sono tutti alla ricerca di una seconda opportunità: per tornare a vivere, per vendicarsi, per ricostruirsi, per dimenticare, per rigenerarsi. Ad alcuni di loro una seconda opportunità verrà data e ad altri no. Ma il punto è un altro: ciascuno di loro meritava una seconda opportunità? Oppure la morte è come una cimosa su una lavagna di ardesia: passa e cancella tutto ciò che è stato prima e, inesorabilmente, tutto ciò che potrebbe avvenire dopo?

Difficile dare una risposta a questa domanda, nemmeno Carlotto lo fa in maniera compiuta. Ma se ci lasciamo andare all’armonia dei dialoghi e delle riflessioni che questi suscitano, possiamo cogliere come la morte ed il dolore possano essere capaci di cambiare profondamente non solo la vita delle persone, ma persino la loro essenza. Non è la morte di per sé stessa a fare questo, ma l’oscura immensità del dolore che è in grado di avvolgere come le spire di un serpente, se nessuno si avvicina a tendere una mano, a vegliare sulla sofferenza, a perseverare con pazienza nel mostrare le cose da una prospettiva diversa. Nulla può riportare in vita Carla ed Enrico, la cui morte è ingiusta ed ingiustificabile. Ma nulla può nemmeno cambiare l’essenza della vita umana, fatta comunque di errori, di dolore, di sentimenti di riscatto, di vendetta, di pentimento e di perdono. È la complessità dell’animo umano che non deve perdersi dietro il muro dell’oscura immensità del giudizio.

Monica Betti

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