• Sceneggiatura: Jonathan Garnier
  • Disegni e colori: Rony Hotin
  • Traduzione: Andrea Cresti
  • Casa editrice: Tunué, 2020

Non è facile raccontare Momo. Non nella trama. Quella è essenziale. La difficoltà risiede nella capacità di questa graphic novel di colpire e radicarsi nella lettrice e lettore. Almeno con me è accaduto così. Veniamo alla parte più semplice, la trama.

Momo è una bambina di cinque anni circa che vive con la nonna in un piccolo paesino di mare. La madre è morta ed il padre è imbarcato su un peschereccio, tornerà dopo alcune settimane. Momo è un microcosmo di energia, coraggio, simpatia ed orgoglio. E rabbia. Per la morte della madre, per l’impossibilità di stare con il padre, per le ingiustizie che lei ritrova nella vita ed a cui reagisce senza filtri. Il tutto concentrato in un corpo asciutto sormontato da capelli rossi ribelli. 

Per la nonna starle dietro non è facile, vista anche la genuinità della bambina, come nello scambio tra nonna e nipote:

«“Ma che combini, Momo?” “Faccio la danza delle patate! È una danza segreta. Però se vuoi ti insegno come si fa. Le patate, le patate, viva le patate! Le patate, le patate, viva le patate!”»

La storia si apre al quotidiano della bambina, tra risse con coetanei e ragazzi più grandi, sfide al mondo adulto, incontri meravigliosi ed inaspettati. 

Un equilibrio, forse più un disequilibrio, troppo ballerino che, come vedrete, non può durare per molto. Soprattutto in un contesto di piccolo paese dove “la gente mormora”. Il colpo di scena è dietro l’angolo, insomma. Questo l’incipit e l’ambientazione. Veniamo ora alla parte difficile. Perché leggerlo? Perché Garnier e Hotin hanno la capacità di farci vivere, in una trama così lineare, lo sguardo di una bambina piccola verso il mondo adulto troppo alto per capirla davvero. Perché ci restituiscono una protagonista realmente a tutto tondo. Che amerete. Ma che in alcuni momenti potreste voler chiudere in una camera a doppia mandata. Per l’impatto emotivo. Raramente uso la parola emozione, troppo personale e, sovente, abusata. In questo caso però la trovo appropriata. L’uso dei testi, colori e disegni, inquadrature, e personaggi davvero concreti facilitano una immedesimazione profonda.

E tra queste domina il senso di abbandono di Momo. 

Tutto questo, e molto altro, raccontato con momenti di puro divertimento, sorpresa, piacere, ridicolo ed imbarazzo. Un graphic novel maturo, da leggere e far leggere a grandi e piccoli. 

Affascinante anche la genesi della storia, in quanto nasce da una fotografia di Katori Kawashima che ha ispirato Garnier, che solitamente si occupa di illustrazione, a raccontare con le parole. Una storia nella storia.

Buona lettura.

Emanuele Ortu 

Per approfondire: