Lo scorso 29 aprile ho avuto l’onore di partecipare al Convegno “Narrare il lutto” organizzato dal Laboratorio “Uno sguardo al cielo” dell’Università degli Studi di Ferrara. Il convegno è stato una splendida occasione per presentare i primi risultati della ricerca svolta dalla prof.ssa Bastianoni e da me per riflettere sulla funzione svolta dalla partecipazione alla stesura di un Elogio funebre nel prendere commiato dal proprio caro/a e, nel tempo, sulla facilitazione che questo processo può avere nell’elaborazione del lutto.
Vi invito a rivedere il Convegno in questo stesso sito: https://www.unosguardoalcielo.com/29-aprile-2024…/ È un’esperienza di grande impatto anche nella sua visione in differita.
In questo articolo vi anticipo alcuni dei risultati che troverete per esteso in un articolo ancora in progress che la prof.ssa Bastianoni ed io stiamo scrivendo. Sarà mia cura segnalarvi quando sarà completato perché possiate leggerlo.
I primi risultati che, con il consenso della prof.ssa Bastianoni, vi presento riguardano l’analisi tematica di 27 interviste svolte a 27 persone che mi avevano richiesto di scrivere un Elogio funebre tra tutti coloro per i quali ho scritto, tra il 2018 e il 2024, 70 elogi funebri.
Il tema sul quale abbiamo chiesto di riflettere è stato, a distanza di tempo, quanto il processo di partecipazione alla stesura dell’elogio funebre avesse inciso, nel breve (commiato) e nel lungo periodo (elaborazione del lutto) sul proprio personale vissuto di perdita.
Hanno partecipato con grande generosità 19 donne e 8 uomini, di età diverse tra loro, tutti consapevoli che le loro narrazioni sarebbero state analizzate e rielaborate per un contributo di ricerca da restituire alla popolazione in articoli scientifici e in presentazione a Convegni realizzati per far comprendere quanto sia necessario parlare di morte, di lutto e di pratiche, come l’elogio funebre, che aiutano le persone a ricordare chi hanno perso e a condividere il loro dolore.
All’unanimità gli/le intervistate hanno dichiarato di ricordare l’esperienza dell’elogio funebre come molto positiva nell’ immediatezza della perdita, ma anche nel tempo successivo. Alcuni hanno anche detto di essere tornati a leggere nel tempo l’elogio scritto proprio per ritrovare un’intimità con il loro caro così ben descritto nell’elogio. Una persona ha riferito di portare l’elogio sempre con sé, nel portafoglio, come una fotografia cara, per poter rileggerlo ogni tanto e sentire, in quelle parole, la vicinanza di chi ora non c’è più nella vita quotidiana. Tutti/e hanno detto che consiglierebbero questo momento di grande emozione e di grande sollievo a chi perde qualcuno di amato e sente il bisogno che venga ricordato anche dagli altri con parole autentiche e rappresentative che, in quel momento, non si hanno a disposizione per il grande dolore vissuto o, semplicemente, perché non si ha l’abitudine e la familiarità con la scrittura e la competenza necessaria nel trasformare le proprie emozioni e i propri ricordi in un testo trasmissibile.
Infine, anticipo alcuni dei risultati della ricerca che grazie all’analisi accurata e competente svolta dalla prof.ssa Bastianoni, che ringrazio, posso così riassumere.
Le intervistate e gli intervistati si sono espressi molto favorevolmente, come è stato anticipato, sul ruolo positivo svolto dal processo relativo alla partecipazione alla stesura dell’Elogio funebre e nel tempo successivo hanno tutti/e riscontrato una funzione positiva nell’elaborazione del proprio lutto personale.
Vediamo assieme quali aspetti di questa funzione emergono dall’analisi del corpus narrativo prodotto.
Emerge, innanzitutto la funzione catartica, espressa nella sua specifica accezione liberatoria dai vissuti di solitudine e angoscia. Parlare e ricordare chi è morto, non soltanto nella malattia o nella tragicità della sua fine, ma per quanto ha fatto e si è fatto con lui/lei durante la vita, aiuta a sentire la consistenza di quel tempo, ora finito, ma denso di esperienze belle e brutte, come ogni vita è. Narrare per scrivere un Elogio è un atto corale che aiuta a dare parole ai propri vissuti, a condividerli, a sentirsi ascoltati e compresi e a liberarsi dalle tante paure che ora sembrano trovare un ordine e una ricollocazione nella stesura scritta da un altro/a attento/a, empatico/a, capace di rielaborare e liberare. L’atto narrativo è creativo e vitale. Il sollievo nel tornare a percepirsi “interi” (“ho rimesso insieme i cocci del mio dolore”) e di riappacificazione (“il rapporto con il mio papà era burrascoso, la malattia mi aveva portato a riscoprirlo”), favorita dall’aver trovato le parole per salutarsi (“l’elogio è stato il modo migliore per salutare il mio papà”) esplicita molto bene questo vissuto.
Una seconda funzione attribuita dalle intervistate/i al processo di stesura dell’elogio funebre è quella che abbiamo definito maieutica. L’incontro con chi ti ascolta e ti permette di esprimere e tradurre in parole ciò che “tu neppure pensi di provare e sentirsi poi rappresentato perfettamente da quelle parole” è l’espressione più indicativa del vissuto riportato da molti dei nostri intervistati/e. “E’ stato “un incontro che ha fatto la differenza”, che “ha tirato fuori e legittimato ciò che provavo”.
Emerge inequivocabilmente il potere della narrazione condivisa: la possibilità di vivere il ricordo di un caro come esperienza condivisa rafforza il legame tra i presenti (“ritrovarci tra fratelli ci permette di ricordare nostro padre e di riconoscerci in questo ricordo”), rende presente chi non è più vivo, permette di superare la paura di ricordare o di non ricordare più.
Infine, un’attenzione specifica viene dedicata alla funzione mnestico-riflessiva, che pone l’accento sull’importanza della memoria: dare spazio ai ricordi rende possibile la sopravvivenza dell’altro/a e aiuta a mantenere vivo nel cuore chi è assente.
L’esperienza dell’ascolto, del sentirsi accolti e confermati nei propri vissuti, l’incontro con un terzo che aiuta a riportare ordine ai propri sentimenti, alle proprie ambivalenze e le sa riportare in parole che onorano chi non c’è più e rassicurano chi ancora c’è e sente il bisogno di testimoniare un’assenza resa presenza e memoria nella narrazione di una vita, è esperienza relazionale e sociale di grande valore e cura.
Laura Bertaglia, Eulogy writer, celebrante funerali laici e formatrice