La morte in culla (Sudden Infant Death Syndrome, SIDS) è un rischio pediatrico che colpisce i neonati a partire da un mese di vita e scompare a partire da un anno. Non va confuso con la morte alla nascita. In questa, la maggioranza dei decessi (86%) avviene per emorragia post partum (morte ostetrica). Il fenomeno è monitorato attualmente in otto regioni italiane, tra cui la Puglia.

Ma l’ostetricia e la pediatria pediatrica dovranno aggiornarsi. È di questi giorni la notizia del neonato morto di freddo in una culla termica. Sono, queste, strutture a temperatura costante messe in opera dal Movimento per la Vita (MoVi), dove il neonato può essere lasciato da chi non vuole o non può occuparsene. Sono monitorate ininterrottamente giorno e notte. Una specie di versione moderna delle ruote degli esposti dei conventi. In Italia ce ne sono una sessantina, di cui quattro in Emilia Romagna (Bologna, Parma, Piacenza, Ravenna).

In questi giorni le agenzie di stampa hanno dato notizia che a Polignano a Mare (Bari) il titolare di una agenzia funebre la mattina del 2 gennaio nella culla termica situata nella chiesa di San Giovanni Battista, ha trovato il corpo senza vita di un neonato morto di freddo. Generosamente, l’uomo ha deciso di provvedere a sue spese ai funerali. Le Autorità hanno aperto un’inchiesta, ipotizzando il reato di omicidio colposo nei confronti del parroco e del tecnico del monitoraggio.

Da ultimo, giunge notizia che nella stessa Polignano i soliti ignoti hanno fatto esplodere con la dinamite lo sportello bancomat di una banca locale, dileguandosi poi con il bottino. Dunque, nella zona la criminalità sembra farsi beffa delle forze dell’ordine. E questo è un argomento che sconsiglia l’installazione di culle termiche nella zona, anche se perfettamente funzionanti.

Detto questo, va confermato il diritto della puerpera di non riconoscere il neonato, e il dovere del sistema sociosanitario di approntare servizi di emergenza- urgenza che si prendano immediatamente cura di lui. Quel diritto è previsto dall’art. 30 del d.p.r. 3 novembre 2000 n. 396, Regolamento dello stato civile, che così stabilisce: “La dichiarazione di nascita è resa …. da uno dei genitori, da un procuratore speciale, ovvero dal medico o dalla ostetrica o da altra persona che ha assistito al parto, rispettando l’eventuale volontà della madre di non essere nominata” e l’eventuale sospensione da lei richiesta al tribunale per decidere se provvedere al riconoscimento. Se infine viene dichiarata l’adottabilità e l’affidamento preadottivo, la procedura segue il suo corso.

Le modifiche introdotte alla legge 1983 n. 184 hanno reso complicato e difficile il percorso volto a dare una famiglia al bambino abbandonato. Ma questo deve responsabilizzare ancora di più gli operatori dei servizi sociosanitari e le Autorità sia statati che regionali e locali.

Luigi Fadiga, già giudice minorile

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