La prima neve
E’ quella che tutti in valle aspettano.
E’ quella che trasforma i colori, le forme, i contorni.
Il film racconta “un incontro tra un padre che non riesce a essere padre e un figlio che non può essere figlio”, ma che attraverso l’integrazione di queste complementari solitudini diverrà incontro trasformativo e generativo.
Questo ultimo film di Andrea Segre, di grande attualità, narra la storia di un incontro tra il migrante Dani, un giovane uomo scappato dalla guerra in Togo e rimasto vedovo durante il viaggio, e Michele, un bambino che vive nelle valli trentine, la valle dei Mocheni, rimasto recentemente orfano di padre. L’incontro, vero momento trasformativo, è facilitato dal nonno di Michele, falegname che conosce le regole della natura del bosco e della montagna e riconosce nei due personaggi uno stesso “odore” di sofferenza, di perdita, di lutto traumatico.
Nel teatro del bosco, con i suoi silenzi e i suoi pericoli, i due protagonisti, come due animali feriti, cominciano a fiutarsi e annusarsi iniziando lentamente e gradualmente a mettere in parole le loro reciproche sofferenze rimaste fino a allora silenti e inesplorate.
La pellicola esplora i tempi e le modalità dell’incontro tra Dani, giovane uomo migrante e rimasto vedovo durante la fuga in Italia, solo con la sua bimba appena nata e Michele, bambino della valle reduce dalla perdita del padre durante un incidente in montagna.
Modalità di incontro dettate da lento e graduale lavoro di elaborazione del lutto, a seguito di eventi traumatici, intrisi di solitudine e dolore. Ciò che colpisce è la capacità del regista di avvicinarsi e inoltrarsi nei sentimenti taciuti dei vari protagonisti.
Come sempre nei lutti, troviamo sia il dolore per la perdita della persona cara, sia la rabbia per essere stati lasciati soli e la colpa per non essere riusciti a salvare la persona amata. La cornice della messa in scena di tutti questi variegati affetti è un bosco dagli splendidi colori autunnali (in via di trasformazione dunque e vero contenitore dell’incontro) che fa presagire l’arrivo dell’inverno. Bosco, quale teatro psichico, che ci riporta alla vitalità della natura e al bisogno umano di trovarvi un luogo che accolga, protegga e possa avvolgerci in un abbraccio di colori e odori ancestrali, come quello delle radici degli alberi che si intravedono insieme al giallo e rosso delle foglie d’autunno che dipingono quell’humus ricco di fertilità affettiva.
Tempi lunghi quelli del lavoro che il lutto ci impone, ben rappresentati dai tempi volutamente lunghi del film. Silenzi, solitudini e impossibilità a comunicare il dolore si intrecciano nelle vite dei due protagonisti che riusciranno infine ad evitare di vivere una nuova e faticosa separazione.
Di seguito il trailer:
https://www.youtube.com/watch?v=JrsJECo8qao