Antigone e Polinice

 “Stride, nota acre, d’uccello lacerante quando vede il fondo del nido suo deserto, e i piccoli scomparsi. Quella uguale, come vede morta nudità ululò, pianse, maledisse, male parole contro i delinquenti autori del delitto. Poi di volo porta pugno di polvere bruciata, alza una brocca di metallo martellato, fa spiovere tre volte l’aspersione e così consacra il morto.”(dall’ Antigone, Sofocle)

La scelta  di Antigone  di seppellire il fratello nonostante l’editto del tiranno  Creonte che stabiliva onori funebri per il corpo di Eteocle e l’abbandono di quello di Polinice, lasciato insepolto, ai cani e agli uccelli con il divieto di rendergli lamentazioni e tomba ,è da sempre considerato, in letteratura, l’atto di disubbidienza per eccellenza : è  il gesto della contrapposizione  tra le leggi umane  e  leggi di ordine superiore (quelle divine, quelle dei legami affettivi, quelle che tutelano i diritti degli uomini).

Ma è anche  il gesto descrittivo di una sepoltura : Antigone in ginocchio mima, allungando alternamente le braccia verso terra, il gesto di raccogliere polvere per riporla dentro la bocca, e lo accompagna con un singhiozzo; poi  versa, con le mani dalla bocca, la polvere raccolta sul corpo di Polinice. E’ un’ azione  in due tempi che si completa nella distanza : inizia nel dialogo con la sorella Ismene, in una schietta e rapida dichiarazione di intenti (“Non l’abbandono”, “Ammucchierò una tomba”, “A lui laggiù darò una fossa” ) e si realizza, davanti al corpo inerte di Polinice,  in movimenti delle braccia, delle mani, della testa, che all’ immaginazione del  lettore che riesce a visualizzare la scena, o alla vista dello spettatore a teatro, appaiono tanto più  ampi quanto più si accostano e si raffrontano con l’immobilità della morte. È il gesto fortemente connotato dalla possibilità  di compiere un atto estremo di cura ( dirà la guardia che arresterà la donna in flagranza di reato, di aver “pescato Antigone mentre ACCUDIVA il morto”)su  un  corpo oggetto di attenzioni sacre e che, pertanto, diventa sacro anch’esso; è stretto dall’esigenza fortemente sentita di non lasciare soli  i morti  finchè sono alla vista dei viventi, concedendosi , intanto, il tempo per  potersi accomiatare.

L’immagine su cui è costruito il gesto è quella dell’uccello che riempie il becco di cibo per ridistribuirlo ai suoi piccoli : e’ dunque un gesto materno, legato al nutrimento. E’  come se Antigone nutrisse il corpo del morto Polinice del cibo che gli spetta: la terra. La terra nutrimento dei morti. La sepoltura , quindi, come atto di nutrizione: dà al morto il cibo che è suo, la  terra che serve a ricoprirlo, e ai viventi   il proprio dolore, quello  della madre che trova il nido vuoto, e che non potrà più ripetere quel rituale di nutrimento.

 

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