Regia: Vittorio De Sica
Genere: Drammatico
Tipologia: Suicidio, Educazione alla morte
Interpreti: Carlo Battisti, Maria Pia Casilio, Lina Gennari, Memmo Carotenuto, Alberto Albani Barbieri, Elena Rea, Lamberto Maggiorani, Riccardo Ferri, Ileana Simova, Pasquale Campagnola
Origine: Italia
Anno: 1952
Trama: Umberto D. (Domenico Ferrari), ex funzionario ministeriale in pensione partecipa ad uno sciopero di pensionati e il corteo viene disperso dalle forze dell’ordine. Con solo diciottomila lire al mese conduce una vita grama e solitaria in una poco confortevole camera in affitto. È in arretrato con il pagamento della pigione e spesso è costretto a saltare i pasti. Riesce a vendere un orologio, ma il ricavato non basta a placare l’esosità della perfida padrona di casa.. L’unica sua compagnia il cane Flike e le confidenze della giovane cameriera tutto fare, Maria, incinta e in angoscia perché non sa quale dei due soldati che frequenta sia il vero padre. L’anziano pensionato alle strette con la padrona di casa e colpito da una tonsillite riesce a farsi ricoverare in ospedale per tentare di sbarcare lì il lunario, ma viene presto dimesso. Al ritorno a casa scopre che la padrona sta per sposarsi ed ha bisogno della camera e lo sfratta. Inoltre Flike è fuggito. Umberto lo ritrova in un canile e riesce a salvarlo, ma ormai entrambi non hanno più una casa. Vagano per la città. Incontrano vecchi amici, ma nessuno presta loro attenzione e aiuto. Si abbassa, allora, a chiedere l’elemosina, ma alla fine, sopraffatto dalla vergogna, desiste. Inutilmente tenta almeno di trovare una sistemazione per Flike in una pensione di cani o di darlo a una bambina. È talmente amareggiato che decide come ultima soluzione di mettere fine alla sua ormai inutile e misera vita. Si reca col fedele amico in stazione e si avvia lungo i binari. All’arrivo di un treno Flike, però, si spaventa e strattona il padrone distogliendolo dal compiere il suo insano gesto.
Recensione: Umberto D è considerato un capolavoro del neorealismo italiano e uno dei migliori film di Vittorio De Sica la cui sceneggiatura è frutto dell’ormai consolidata collaborazione con lo scrittore Casare Zavattini. Il film è del 1952, ma sembra attualissimo per i temi trattati: la vecchiaia, la solitudine, pensioni inadeguate, il timore di non arrivare a fine mese, l’imminente sfratto, l’indifferenza e l’egoismo degli amici e dei padroni di casa, la vergogna di abbassarsi a chiedere la carità, l’amicizia delle persone umili e più deboli, la fedeltà del proprio cane, il desiderio di porre fine alla propria esistenza. In verità, inizialmente, non ebbe molto successo e fu criticato dal Governo di allora perché presentava all’estero una visione non bella dell’Italia che si stava riprendendo dalle macerie del dopo guerra. Più, però, che per la denuncia sociale, che pur tuttavia non poteva essere sottaciuta, il film è grande per l’intrinseco valore psicologico del protagonista di fronte ai problemi trattati quali l’esistenza e il desiderio di porne fine. La vecchiaia, la solitudine, la miseria, il senso stesso della vita e della sua penosa inutilità sono descritte con grande sensibilità e rispetto della dignità umana. Tutto ciò grazie all’intelligenza narrativa di Zavattini e la bravura di De Sica, ma soprattutto grazie all’attore non professionista, il professore di glottologia all’Università di Firenze, Carlo Battisti, che ha recitato nelle vesti del protagonista senza mai scadere nel populismo strappalacrime dell’epoca. Affiancano l’anziano pensionato altre vittime della miseria e dell’egoismo umano, l’ingenua e giovane serva Maria, impersonata, anch’essa, da un’ attrice non professionista Maria Pia Casilio, e il devoto cane Flike molto più sensibile e riconoscente degli stessi uomini. Il film gode oggi della considerazione unanime dei critici e del pubblico tanto che ancora oggi continua a commuovere ed essere considerato un caposaldo della cultura cinematografica italiana. Nel 2008 è stato rigirato con lo stesso titolo poi cambiato in Un homme et son chien dal regista francese Francis Huster e interpretato da Jean-Paul Belmondo e Hafsia Herzi È inserito nella lista dei cento film italiani di tutti i tempi ed ha ricevuto anche all’epoca degli ambiti riconoscimenti quali la nomination alla Palma d’0ro nel 1952 al festival di Cannes per la migliore regia, miglior film straniero nel 1955 alla New York Film Critics Circle Award e nel 1957 il premio Oscar.