Regia: Mattia Epifani
Genere: Documentario
Tipologia: Morti collettive, guerre, stragi
Interpreti: Vito Alfieri Fontana, Nijaz Nemic, Senaid Abdihodeic, Rarija Besic
Origine: Italia, Bosnia-Herzegovina
Anno: 2015
Trama: La guerra nella ex-Jugoslavia è finita circa vent’anni fa, ma molte mine sono ancora presenti nelle campagne bosniache e continuano a mietere vittime. Al di là del mare, l’ingegner Fontana è proprietario di un’azienda pugliese specializzata nella progettazione e nella vendita di mine antiuomo, la Tecnovar. Ad un certo punto della sua vita un’atroce domanda lo assale: quante vittime avrà causato il lavoro dell’azienda fondata da suo padre?
Da quel momento decide chiudere col passato, rompere con la tradizione familiare e con suo padre – figura tanto carismatica quanto ingombrante. Intraprende così un viaggio esistenziale dall’Italia alla Bosnia Herzegovina, per affrontare i fantasmi che affollano ancora la sua vita.
Recensione: Per molti anni Vito Alfieri Fontana è stato ciò che il mondo si aspettava da lui: un progettista preparato, un datore di lavoro rispettato, un industriale di successo. Il degno successore di un padre che aveva trasformato una piccola fabbrica di progettazione elettrica del sud Italia in un’azienda leader nella produzione di mine antiuomo e anticarro, la Tecnovar. Ma quello che per l’ingegner Fontana sembrava un percorso già scritto subisce un cambiamento inaspettato. Al dovere della successione, mai messo in discussione fino a quel momento, subentra e si contrappone l’esigenza etica di porre un freno alla produzione di mine.
È l’inizio di una storia diversa, la storia di una scissione insanabile tra l’ingegner Fontana, progettista di mine, e Vito Alfieri, anima in cerca di redenzione.
Nel suo viaggio oscuro, l’uomo diviso in due, prigioniero del conflitto tra dovere e coscienza, attraversa come uno spettro una Bosnia sfregiata dal dramma delle mine antiuomo, nella totale consapevolezza che il suo conflitto interiore rimarrà irrisolto.
Per questo quella di Vito Alfieri Fontana non è la classica parabola di redenzione, bensì il tragitto tormentato di un uomo che ha rinnegato se stesso per darsi una seconda possibilità, esercitando al contempo un lucido esercizio di autocontrollo per tenere a bada quella parte assopita ma presente che vorrebbe ancora sedersi al tavolo da disegno.