Il momento estremo della morte nel racconto del protagonista e delle persone che accompagnano il proprio caro negli ultimi istanti della sua esistenza.
L’avvicinarsi della morte di una giovane donna può innescare nell’intimo dei suoi cari reazioni crudeli o superficiali, di fuga e di terrore (Sussurri e grida, I. Bergman, 1972) oppure, all’opposto, può far sorgere sentimenti di tenerezza e di assoluta compassione in un figlio che riesce a donare alla propria madre la serenità e la cura per una morte contrassegnata da un profondo senso di umanità (Madre e figlio. A. Sokurov, 1997).
La sofferenza che anticipa l’ineluttabilità della morte può rappresentare altresì una inaspettata occasione per recuperare la relazione con i propri cari (Le invasioni barbariche, D. Arcand, 2003), per analizzare e ridefinire il rapporto tra fratello e sorella (La famiglia Savage, T. Jenkins, 2007) o per permettere al protagonista, e alle persone coinvolte nel suo dramma, di andare incontro alla fine nel modo più autentico e congruo possibile con i propri principi (Mare dentro, A. Amenábar, 2004).
Nel percorso di una malattia terminale o nella elaborazione di un lutto (L’ospite d’inverno, A. Rickman, 1997) sarà fondamentale, quindi, evitare di autocondannarsi nelle celle anguste della solitudine per aprirsi all’incontro e alla presenza dell’altro che può donare senso e nuove ragioni all’orizzonte asfittico del proprio presente.