Monica Betti, insegnante di Scuola dell’infanzia
Ai bambini della scuola dell’infanzia piace molto un albo illustrato che si intitola “(Non) c’è posto per tutti”, tradotto da Susanna Mattiangeli.
Il successo di questo testo è dovuto alla sua caratteristica di poter essere letto dalla prima pagina all’ultima, così come dall’ultima pagina alla prima, scoprendo due significati e messaggi completamente diversi. Nella prima direzione vengono descritte alcune motivazioni per non accogliere, nella seconda, invece, viene ribadito che c’è posto per tutti, perciò non ci sono ragioni per tenere le distanze.
Mai come oggi il significato di questo gioiello di letteratura per l’infanzia, sostenuto persino da Amnesty International, ci è caro.
Ci stiamo preparando ad accogliere, anzi, siamo già pronti a farlo. Le nostre scuole che ci sono sembrate sempre troppo piccole, troppo spoglie, troppo malandate, troppo vecchie, improvvisamente ci appaiono come il luogo più accogliente del mondo, se possono essere aperte ad altri bambini come i nostri che cercano un po’ di normalità dopo il trauma della guerra.
C’è posto per tutti. Ed è un sollievo la possibilità di riappropriarsi di qualcosa che ci era stato portato via: l’abbattimento delle distanze. Improvvisamente il nuovo imperativo diventa saper stare vicini, stringersi in una comune appartenenza umana.
Cari bambini, voi che scappate dalle guerre, dalla fame, dalla paura, dalla prepotenza di chi trova sempre una buona ragione per prevaricare e per calpestare i diritti, sappiate che troverete un posto sicuro, il calore del sorriso di altri bambini come voi, che parlano alla perfezione l’unica lingua che conta: quella della pace.
Spero che troverete in noi insegnanti dolci, capaci di trasmettere la sicurezza e la protezione che vi è stata strappata.
C’è posto per tutti. Ci stringeremo. Ci terremo stretti stretti. Per far passare la paura, per maturare il coraggio necessario per le sfide che ci aspettano, per ricordarci che non importa da dove veniamo, abbiamo tutti comunque il diritto di essere felici e di venire protetti.
Impareremo la vostra lingua, le vostre canzoncine, ci faremo insegnare le ricette dei vostri piatti preferiti. Faremo di tutto per farvi sentire a casa. Perché non siete profughi, siete ospiti per noi.
Ed è per voi che addobberemo le nostre aule, tireremo fuori i giochi più belli, metteremo nuove sedie e nuovi bicchieri colorati, ed anche un pannello più grande per le fotografie. Perché non vogliamo prestarvi ciò che resta, ma condividere con voi tutto ciò che abbiamo.
Educare significa cogliere ogni occasione per maturare consapevolezza e competenze umane. Nessuna occasione potrebbe essere migliore.
Ed ogni volta che cercheranno di convincerci che non c’è posto per tutti, che potremmo dire no, che potremmo lasciare che qualcun altro se ne occupi risponderemo che non è quello che vogliamo. Che il nostro non è un gesto compassionevole. Accogliere è il dovere di ogni scuola, in qualsiasi tempo e in qualunque condizione. E lo faremo con tutto l’amore possibile.
Perciò vi aspettiamo cari bambini, futuri amici, compagni di scuola, vi aspettiamo a braccia aperte. C’è posto per tutti.
Foto di Alessandro Maria Fucili