Poliedricità, molteplici interessi, la passione per il proprio territorio e per le sue tradizioni ma, soprattutto, libertà interiore, capacità di andare veramente verso l’inesplorato, in direzioni laterali e perpendicolari rispetto ai codici del momento, alle mode. Queste caratteristiche fanno di Loris Jacopo Bononi un protagonista, fra i meno noti ma fra i più originali, di una delle stagioni più fertili e creative del nostro paese, il quarantennio che segue la seconda guerra mondiale. Altra forza, altra visione, altra capacità di distinguere “l’algebra dai princìpi primi”, altro cuore. Ci possano essere d’esempio e di guida in questi tempi deboli, incapaci di libertà di pensiero, fossilizzati in etichette, pieni di inutile rumore.
Qui una poesia dalla sua produzione più tarda, qualche parola bene detta per chi va e chi resta. Dove il pensiero non si dà limiti e le parole necessarie vengono generate ex novo. Il tempo della creazione non finisce mai.
La mia quinta stagione è l’immortalità
Io non morirò perché da morto sarò vivente nelle cose che ho lasciato incompiute e le cose che ho amato fino a morire d’amore per l’amore stesso saranno la mia testimonianza che noi SÌ siamo niente ma che il tutto è questo
Essere fusto di betulla e sbiancare di macchie la propria scorza pulita la musica dei rami innamorati dal vento in lunghe file non sanno eseguono non sanno
Questa è la quinta stagione
L’infinito del visus l’immortale del cuore l’impossibile del fare oltre e ancora
Trabocca un fiero sentiero di vento pennino dall’Orsaro e arriccia il mare a rovescio e le onde vanno lontano e resta il deserto senza fine del nostro essere stati
Sono la quinta stagione di me stesso e ti dono oggi ogni mio pensiero
Un brivido primaverile mi intrema le vene le arterie bruciano il cuore è pazzo la testa sogna le gambe corrono e le mie braccia ti stringono forte
Lasciami andare oltre
Io non morirò mai
Loris Jacopo Bononi [da Le stagioni a Castiglione del Terziere, Ed. Solitarie, 2018, La Spezia]