Da qui, prima o dopo è opportuno, è doveroso passare. Questo cantare è così nostro. Tanto profonda è questa terra sottile che le anime grandi possono vestirsi di corpi minuti e sofferenti e abitare nella più remota e perduta provincia, che pure è colma di bellezza. “Adì 14 giugno 1837 morì nella città di Napoli questo mio diletto fratello divenuto uno dei primi letterati d’Europa: fu tumulato nella chiesa di San Vitale sulla via di Pozzuoli. Addio caro Giacomo: quando ci rivedremo in Paradiso?”
L’infinito
Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s’annega il pensier mio:
E il naufragar m’è dolce in questo mare.
[da Canti, Recanati, Casa Leopardi]