Pochissime parole. Possono essere sufficienti pochissime parole. Poeta vuol dire scegliere le parole, non solo per conoscenza, paziente esercizio, talento, ma anche per visione, capacità di ascolto, sintonia. Poeta vuol dire essere scelti dalle parole. È dolore, è gioia, è profezia. È dono che è li, che va scavato dentro di sé, che va scavato fuori di sé, che ti scava fuori di te. È coincidenza col mondo e sfalsamento rispetto al mondo. Qualunque cosa sia Velimir Chlebnikov ce l’ha. O lo è. Dobbiamo ringraziare Paolo Nori perché lo ha riportato alla luce in italiano. Abbiamo la fortuna di vederlo baluginare nel momento in cui siamo. Sparirà nuovamente. Tornerà ancora. Sarà sempre lontano. Sarà sempre qui.
Poco, mi serve.
Una crosta di pane,
un ditale di latte,
e questo cielo
e queste nuvole.
***
Nella remota piccola stazione ferroviaria
Con la scritta “Chorpa”,
Dove il vento aveva lasciato “Acqua boll”
E aveva buttato per terra “ente”,
Un vento furioso, di tre anni,
Un vento, un vento,
Rovesciato il ferro aveva esclamato: “Eccola qui la vostra vita!”
Battendo, gemendo, tuonando, tutta la banda,
Abbiam rimesso su il treno rovesciato
Sui binari – muoviti.
E con gioia tutti diciamo insieme: “Ecco”.
Destino, ci fai un sorriso?
***
E il vento è buio,
E il pioppo è terra,
E il mare chiacchiera,
E tu, lontano.
[da Velimir Chlebnikov, 47 poesie facili e una difficile, Ed. Quodlibet, collana Compagnia Extra, 2009, Macerata. A cura di Paolo Nori.]