Anche per scegliere ci vuole ispirazione. Nei giorni scorsi il pensiero della Cosa dell’Altro Mondo di questo mese faceva capolino, ma se la volontà era pronta la voglia giocava a nascondino e non vedevo un bandolo a questa minuscola matassa. Per quanto provassi non mi tornava niente. Poi stamattina, percorrendo i segni lasciati in un’antologia, sono incappato in questa poesia di un poeta sammargheritese, come me (anche se io sono “sansirotto” mentre lui nacque in via Roma; che tenerezza le minuscole patrie che coltiviamo nel nostro amatissimo paese). Mi è parsa un gioiello anche se la avevo dimenticata (ma avevo lasciato il segno) e mi ha fatto pensare che qui si sono cantate più di una volta le mamme, le zie, le nonne (Dio le abbia tutte in gloria) ma poco o nulla i padri, forse l’unica eccezione sono le lacrime feroci di cui chiede la benedizione Dylan Thomas nella remota CdAM #4. Ringrazio per l’occasione e sono fiero di coglierla.
Il mondo è pieno di padri d’oro, grazie al cielo.
Padre, se anche tu non fossi il mio
padre, se anche fossi a me un estraneo,
per te stesso egualmente t’amerei.
Ché mi ricordo d’un mattin d’inverno
che la prima viola sull’opposto
muro scopristi dalla tua finestra
e ce ne desti la novella allegro.
Poi la scala di legno tolta in spalla
di casa uscisti e l’appoggiasti al muro.
Noi piccoli stavamo alla finestra.
E di quell’altra volta mi ricordo
che la sorella piccola ancora
per la casa inseguivi minacciando
(la caparbia avea fatto non so che).
Ma raggiuntala che strillava forte
dalla paura ti mancava il cuore:
ché avevi visto te inseguir la tua
piccola figlia, e tutta spaventata
tu vacillante l’attiravi al petto,
e con carezze dentro le tue braccia
l’avviluppavi come per difenderla
da quel cattivo che era il tu di prima.
Padre, se anche tu non fossi il mio
padre, se anche fossi a me un estraneo,
fra tutti quanti gli uomini già tanto
pel tuo cuore fanciullo t’amerei.
[da Rimanenze; estratto da Poeti italiani del novecento, a cura di Pier Vincenzo Mengaldo, collana Bobab, Mondadori]