I corsi d’acqua, gli stagni, le piscine offrono possibilità diverse di conoscenza: ci si può fermare a pelo d’acqua, si può approfondire, si corre anche il rischio di annegare per andare troppo a fondo, per comprendere quello che sembra incomprensibile. Questo parallelismo scorre durante tutto il romanzo Dolce Acqua, dove le parole e le acque più diverse ci accompagnano dolcemente, in silenzio, ma facendo sempre percepire la loro presenza. Sta a noi decidere in che modo leggere e interpretare questo libro e le vite narrate dalle autrici, Laura Martinetti e Manuela Perugini.  Il libro racconta la scelta di Laura che vuole rimanere al Baraggio, la località e la casa dov’è nata, vicino al fiume Sesia, senza attraversare il ponte che la collega alla civiltà: “Poteva sparire nel bosco, sulle rive del fiume, all’ombra del ponte. Ovunque, purché all’interno della proprietà.”  Stefania, invece, sembra talmente aperta al mondo da volerselo mangiare, inghiottire, a volte quasi senza rispetto. Entrambe le donne non espliciteranno mai quello che provano e che pensano, rispettivamente alla nipote Giulia e alla figlia Anna. Queste ultime dovranno intraprendere un lungo e doloroso percorso di scoperta di se stesse e delle donne che le hanno cresciute per poter, a loro volta, diventare grandi, tenendo sempre a mente che i non detti hanno conseguenze ben più gravi di quelle spiegazioni che al momento possono ferire.  È questo che capita ad Anna a causa della misteriosa morte della madre Stefania. Per Anna è una morte irrisolta, potrà vivere la propria vita solo quando avrà dipanato il mistero che aleggia intorno alla dipartita della madre. Il marito di quest’ultima, appena saputa la notizia, aveva intimato alla governante: “Entri nella stanza e butti tutto ciò che trova in giro. Quando ha finito, chiami il 118”. Giulia si sentirà per molti anni “abbandonata” dalla zia Laura, morta improvvisamente. La bimba lo saprà da una asettica segretaria: “Povera signorina Morelli. Un colpo al cuore. Forte da farla tremare. Parole dal significato troppo definitivo per una bambina. […] Era rimasta a quelle parole di morte e cercava di comprenderne il senso.”  Riuscirà a decidere di sé quando avrà risolto il mistero del baule lasciatole dalla zia. Anche aprirlo si rivelerà una difficoltosa avventura, ma ci riuscirà, giungendo a una sorta di giustizia, scritta sui fogli di registri contabili, parole indirizzate solo a lei, ma di conclamato valore giuridico. Anna, affermato magistrato, dal canto suo, dovrà salire fino a un santuario in cima al Sacro Monte, sfidando le difficoltà dei sentieri collinari, per trovare in una sorta di ex voto una sintetica spiegazione dello stato mentale della madre: “Fammi guarire o perdonami il coraggio di desistere. Stefania 1998.” Prove, percorsi e, in un certo senso, tradimenti rendono le due giovani donne molto forti, ma a che prezzo?  Il silenzio e il nascosto hanno caratterizzato la loro relazione affettiva più importante. Tutto sarebbe risultato più semplice per Giulia e Anna se Laura e Stefania avessero parlato al momento giusto, esplicitando le loro volontà e i loro vissuti. Probabilmente, le due giovani donne non avrebbero sofferto dolori e conflitti così profondi. L’aiuto tra donne, quello sincero e gratuito, paga sempre, come capiscono bene Anna e Giulia al loro incontro, che darà spiegazioni e un nuovo senso ad entrambe le vite.

Ilaria Bignotti Faravelli, psicologa

Laura Martinetti, Manuela Perugini, Dolce acqua, Garzanti, 2024

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