Se la stima è che circa 35.ooo persone hanno perso la vita nelle acque del Mediterraneo dal 2000, quanti sono i parenti che di loro non hanno più saputo nulla? Genitori, figli, fratelli, sorelle, mogli, mariti: “Sono almeno 500.ooo, perché dobbiamo considerare che spesso si tratta di famiglie numerose”, spiega Edda Pando, coordinatrice della rete Milano senza frontiere, che insieme ad altre associazioni italiane, algerine e tunisine sta dando vita al portale “Missing at the borders”.
Questo progetto consisterà nel raccogliere testimonianze dei parenti degli scomparsi durante l’attraversata del
Mediterraneo. Saranno tradotte in sei lingue. E’ realizzato insieme a Palermo senza Frontiere, Como senza Frontiere, Carovane Migranti, l’Association des Travailleurs Maghrébins de France (Atmf) e il progetto Alarm Phone di Watch The Med, costituito da reti di attivisti e rappresentanti della società civile in Europa e NordAfrica.
Le famiglie chiedono verità e giustizia. Sono consapevoli che la morte dei loro figli non è l’esito di un tragico destino, ma  perché i Paesi stanno alzando solo barriere. Il portale servirà a dare voce a chi non l’ha più. “Dietro ai numeri delle statistiche ci sono vite umane, sottolinea Edda Pando . Ma i morti non parlano, e quindi per dare un nome, un volto e un’identità alle persone scomparse nel mediterraneo facciamo parlare i parenti”.
E per ricordare i morti nel Mediterraneo, giovedì 2 novembre, in piazza della Scala, la rete Milano senza Frontiere  ha organizzato la Marcia dei Nuovi Desaparecidos. La marcia si è ispira a quella fatta da Las Madres de Plaza de Mayo in Argentina. Ogni primo giovedì del mese, a Milano, cittadini e cittadine marciano con in mano le fotografie dei migranti algerini e tunisini che i loro parenti hanno consegnato alla rete per chiedere Verità e Giustizia.
Alessandra Chiaromonte

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