PARTE I
PARTE II
4 dicembre 2013, Ferrara: Beppino Englaro racconta, e non si può non ascoltare.
La forza che traspare dalle sue parole è la stessa che ha mostrato durante la sua lunga battaglia per dar voce ad Eluana, alla sua volontà e ai suoi diritti.
Primo fra tutti quello alla libertà, declinato nel più concreto diritto all’autodeterminazione del proprio corpo, alla possibilità di accettare o rifiutare terapie mediche, o che qualcuno informato sulle nostre scelte terapeutiche, possa spiegare le nostre ragioni e i nostri convincimenti, qualora noi, in stato di incoscienza, non fossimo in grado di farlo.
Beppino Englaro racconta la sua storia e non torna mai indietro, non incespica, non ritratta, non deve spiegarsi meglio: è tutto chiaro .“Cristallino”.
Racconta di Eluana bambina, a cui piaceva il mare(“Chi barricò con porte il mare?”… “Chi disse“Qui è il limite delle tue orgogliose onde?”) rispettosa degli altri e di se stessa, recalcitrante alle imposizioni, e di Eluana poco più che adolescente, un vulcano, una di quelle che “se non c’è, la festa non riesce ugualmente bene”. E, ancora, di una Eluana adulta e matura nelle scelte, con la percezione chiara dei pericoli della rianimazione forzata e la sua espressa dichiarazione di preferire la morte ad uno stato vegetativo. Una famiglia attenta, aperta e libera, come la famiglia Englaro, non lascia cadere nel vuoto tali considerazioni. In questa cornice si inseriscono la vita e la morte di Eluana.
Beppino sapeva (e ora lo sappiamo anche noi), che una ragazza come lei non poteva rimanere imprigionata in un corpo inerme, attaccata a tubi : nuovi cordoni ombelicali per qualcuno, catene per Eluana , costretta a vivere una vita artificiale, pur avendo l’ unica necessità che la morte, semplicemente, accadesse.
Interrompere il percorso della morte è stato più violento e doloroso della morte stessa; faticare per farlo ripartire ha significato trascinarsi dietro la gravosa accusa di padre omicida, la pungente critica di essere incapace di prendersi cura della propria figlia, il rimprovero meschino di manifestare un insano egoismo, e lunghi anni di dipendenza e manipolazione del corpo di Eluana, ostaggio in mani altrui.
Ma è “solo cadendoci dentro”, spiega Beppino Englaro, “che si comprende che, nonostante tutte le difficoltà, è doveroso rivendicare un diritto sacro come sacro è quello della vita”: il diritto di scegliere che cura non diventi tortura.
E’ questa la grande conquista che il dopo Eluana porta con sé: “una legge che rispetti la persona, che non dia ad altri se non a lei stessa il diritto di decidere del proprio corpo”
E allora, come direbbe il suo papà, sono per Eluana i ringraziamenti e gli applausi finali. Ma il suo nome non scorre veloce nei titoli di coda.
E’ il primo all’inizio di un nuovo capitolo.