La Corte Penale Internazionale (International Criminal Court, ICC) è un organismo permanente aperto all’adesione di tutti gli Stati, istituito per giudicare le persone responsabili dei crimini più efferati, motivo di allarme per la comunità interazionale. Si tratta di crimini di genocidio; di crimini contro l’umanità; di crimini di guerra e di aggressione. La traduzione in lingua italiana è impropria. L’accezione crimini è ignota al nostro diritto penale, che conosce solo due categorie di reati: i delitti e le contravvenzioni. I primi sono qualificati dall’elemento psicologico (dolo, colpa), che nei secondi è indifferente.
Uno Statuto adottato il 17 luglio 1998 a Roma dalla Conferenza dei Plenipotenziari definisce giurisdizione e funzionamento della Corte. L’Italia ha ratificato lo Statuto (“Statuto di Roma”) con la legge 232/1999, e successivamente ha adeguato il nostro ordinamento ai principi della convenzione mediante la legge 4 dicembre 2012 n. 237 (GU 08/01/2013) che ha permesso così la sua applicazione nel nostro Paese.
Presso la Corte è istituito l’Ufficio del Procuratore. Ha il compito di ricevere le denunce, condurre le indagini e sostenere l’accusa dinanzi alla Corte. Può procedere di ufficio, può convocare e interrogare indagati, vittime e testimoni.
È prevista un’udienza preliminare (Camera preliminare) che può emettere un mandato di arresto o un ordine di comparizione. Le decisioni della Camera di primo grado sono appellabili davanti alla Camera di appello della Corte.
La Corte è composta da diciotto giudici. Uno di questi è eletto presidente, e può organizzare la Corte in sezioni. La Corte può irrogare pene che vanno dalla reclusione per un tempo determinato, non superiore nel massimo a trenta anni; ergastolo; confisca. La confisca è diretta a recuperare i beni i proventi e i patrimoni frutto dei crimini per cui è stata emessa condanna.
Il 21 novembre 2024 la Camera preliminare della Corte ha emesso un mandato di arresto nei confronti di Netanyahu. Il Governo italiano aveva l’obbligo di cooperare e di eseguirne l’arresto in caso di presenza o transito in Italia. La cooperazione giudiziaria in materia penale si basa sul principio del riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie.
In base all’art. 27 dello Statuto di Roma, la qualifica ufficiale di Capo di Stato o di governo, membro di un parlamento, rappresentante eletto o di agente di uno Stato non esentano in alcun caso una persona dalla sua responsabilità penale per quanto concerne lo Statuto stesso. Le immunità e le regole di procedura speciali eventualmente inerenti alla qualifica non impediscono alla corte di esercitare la propria giurisdizione nei confronti di tale persona.
Il Governo italiano non ha applicato questa norma, bensì la Convenzione di Vienna del 18 aprile 1961, che prevede l’istituzione di relazioni diplomatiche e l’invio di missioni permanenti fra Stati “per consenso vicendevole”. Italia e Libia sono reciprocamente vincolate da tale accordo dal 1977.
Una missione diplomatica ha il compito di rappresentare lo Stato accreditato e di proteggerne i cittadini nello Stato accreditante. Lo Stato accreditante assicura a tutti i membri della missione l’immunità diplomatica e la libertà di muoversi e di viaggiare sul suo territorio. Tra i membri della missione devono essere compresi i Capi di Stato, e tale è appunto Netanyahu, come premier di Israele.
La Libia e reciprocamente l’Italia hanno il potere di attribuire ai loro funzionari in missione (tra i quali Almasri) la qualifica di diplomatico, stante la reciprocità con il nostro Paese garantita dall’art. 2 della Convenzione di Vienna. Secondo questa interpretazione, contrastante con lo Statuto di Roma ma preferita dal Governo italiano, Almasri è stato scarcerato e posto in libertà.
In tal modo però il Governo italiano è venuto meno all’obbligo di cooperazione internazionale con la Corte previsto dagli articoli da 82 a 86 dello Statuto, recepiti dal Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE).
La cooperazione giudiziaria internazionale e le relative misure si basano sul principio del riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie. È diretta a contrastare il terrorismo e la criminalità transfrontaliera. È disciplinata secondo la procedura legislativa ordinaria. Le sue misure sono soggette al controllo della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Lo scontro in atto in Parlamento e sui media è dunque giuridico e politico, e le previsioni al riguardo sono molto difficili.
Luigi Fadiga, magistrato minorile