A.Smorti, G. Donzelli (a cura di), La medicina narrativa in pediatriaCome le storie ci aiutano a capire la malattia, SEID, 2015, pp 194

La medicina narrativa è sempre più una consuetudine consolidata e una prassi quotidiana utilizzata soprattutto in campo pediatrico.

Quando un bimbo si ammala, genitori e parenti tutti vanno in panico, si fanno prendere da un’angoscia profonda e impotente. Non conoscono e si rifiutano di comprendere la ragione di tanta sofferenza propria e del loro piccolo. Si affidano sicuramente alla medicina, a specialisti e strutture ospedalieri, ma i timori di una lunga degenza e/o la possibile perdita del proprio caro, molto spesso, restano inalterati e creano ansia, inquietudine, dolore.

Succede che i bimbi non sanno esprimersi; mamma, papà, nonni sono troppo coinvolti; i medici vogliono indagare, capire e gli operatori soccorrere, essere utili.

Di fronte a ciò, parlare, spiegarsi, narrare, analizzare e circoscrivere non può che fare bene a tutti. La condivisione sicuramente aiuta a migliorare le capacità diagnostiche, a comprendere la malattia e  viverla in modo più sereno, accettare le terapie, aprirsi alla  guarigione. Ma la medicina narrativa per essere veramente efficace ha bisogno di un appoggio scientifico valido e di un supporto composito di persone in grado di utilizzarne le metodologie, di saper coinvolgere, cioè, non solo la storia del paziente ma quelle che sono le ricadute sull’organizzazione sanitaria e sulla complessità del proprio lavoro. Non si tratta solo dell’ascolto di un racconto, ma il fatto di osservare il paziente, osservare le sue abitudini e quello che dice, il proprio vissuto, per poi collegarlo al contesto sanitario e culturale.

Per approfondire l’argomento e capirne il contesto, l’utilizzo e la validità, il volume curato da Andrea Smorti e Gianpaolo Donzelli (con i contributi di Alessandra Albanese, Stefania Alpi, Stefania Barsotti, Enrica Ciucci, Federica Ciullo, Chiara Fioretti, Chiara Galli, Erika Paddeu, Giulia Sagona, Ilenia Scaramelli Susanna Silei), La medicina narrativa in pediatriaCome le storie ci aiutano a capire la malattia, costituisce uno strumento, ben riuscito, di analizzare l’identità, il ruolo e i racconti di una nutrita equipe di professionisti (psicologi, pediatri, oncologi, medici ospedalieri, infermieri) e di un altrettanto gruppo di pazienti e propri familiari (madri, padri, zii, nonni).

Il volume è il frutto dello studio e della ricerca effettuati con grande rigore scientifico presso l’ospedale pediatrico Meyer di Firenze.

Inizialmente i curatori pongono delle riflessioni sul significato dell’esperienza compiuta dai ricercatori, le ragioni scientifiche, quelle umane e le loro conseguenze. Illustrano lo schema generale della ricerca,  esaminano gli sviluppi della medicina narrativa in campo internazionale sin dalla sua nascita nella Columbia University di New York più di trent’anni or sono, spiegano le ragioni della narrazione in campo psicologico e pediatrico. Si soffermano, soprattutto, sui contenuti e sull’analisi compiuta con metodologie ormai consolidate dei racconti raccolti dandone una rappresentazione di tipo quantitativo  perché come spiega il professore di psicologia dello sviluppo A. Smorti (p. 57) il primo livello, quantitativo, è servito a valutare, attraverso continue letture e riletture dove andare a osservare più in profondità con una analisi di tipo qualitativo.

Nel volume si mettono ben in evidenza le radici, l’interdipendenza, le correlazioni scientifiche ed operative della Evidence Based Medicine (EBM), la medicina narrativa basata sull’evidenza, inizialmente sviluppatasi all’interno della Harvard Medical School, e la Narrative Based Medicine (NBM), medicina narrativa.

Il testo narrativo comincia ad attirare l’attenzione della psicologia intorno agli anni 70 e verrà poi più approfonditamente studiato ed esplicitato negli scritti di Stein e Glenn (1979), T. Sabrin (1986 ), J. Bruner (1986) secondo i quali la medicina è un sistema culturale, vale a dire un insieme di significati simbolici che modellano il vissuto del malato sempre più utilizzato in ambito culturale, clinico, educativo. Secondo Jerome Bruner, infatti, la narrazione è uno dei meccanismi psicologici più importanti, soprattutto durante l’infanzia. La medicina diviene, così, un sistema culturale, vale a dire un insieme di significati simbolici che modellano il vissuto del malato non solo per gli aspetti cognitivi, ma anche per il valore dello scambio emotivo e sociale che la narrazione riesce a dare. Nello stesso periodo Kleinman (1988), distingue la malattia in disease e illness intendendo  disease  la malattia in senso biomedico, quindi, una lesione organica o un’aggressione da agenti esterni,  in quanto sindrome individuata da un insieme di tecniche e definita entro un vocabolario specialistico mentre con il termine illness indica il vissuto, lesperienza soggettiva  che una persona dà alla propria condizione di malattia. Rita Charon e Rachel Naomi Remen sono state le prime a denominare Medicina Narrativa quella modalità di affrontare la malattia attraverso il vissuto del paziente. In particolare Charon (2000a, 2000b, 2006) ha basato la sua attività clinica proprio sulle storie dell’illness considerandole come importante fonte di informazioni utili per la diagnosi e per la scelta dei migliori trattamenti di cura.

In verità, come dimostrano Giampaolo Donzelli e Giulia Sagona attraverso analitici tabulati (pp. 47-55), la produzione di scritti indicizzati e l’evoluzione degli studi, nella cultura scientifica, della medicina narrativa, risale al 1968 con un costante incremento, interesse e condivisione fino ai nostri giorni.

Se poi volgiamo lo sguardo all’antica Grecia, Platone (Leggi IV) ci tramanda che, all’epoca, in conformità con la divisione sociale vigente, c’erano medici per gli schiavi e medici per gli uomini liberi. Allo schiavo dovevano essere curati i sintomi soltanto per tornare subito al lavoro. L’uomo libero riceveva, invece, l’interesse del medico che ascoltava lui e i parenti su eventuali altre malattie pregresse e li rendeva partecipi della malattia e della scelta delle cure. Vi era già, quindi, un modello di medicina basata sull’evidenza e uno basato sull’ascolto e la conoscenza di tutti i possibili aspetti dell’insorgenza e del decorso della malattia (Smorti, Donzelli. Fioretti, Parte prima, Le ragioni della narrazione, p. 17).

Nella seconda parte del volume, molto ampia, come ben mostra la tavola sinottica a pagina 46, il volume presenta i risultati del lavoro di ricerca condotto da tutta l’equipe basato sull’ascolto e sulla ripetizione dei racconti. Ogni capitolo presenta una casistica diversa sul piano diagnostico ed inizia con una breve introduzione sul tipo di patologia presentata dal bambino. Le situazioni cliniche prese in esame sono molteplici e molto diverse fra loro. Si tratta di gravidanza dopo un trapianto di organo solido, gravidanza in adolescenza, malattie rare come ernia diaframmatica e ipertensione polmonare idiomatica, prematurità, insufficienza mitralica-difetto del setto interventricolare, leucemia linfoplastica, tumore celebrare, diabete di tipo1.

Il testo, per la sua validità scientifica e l’ampiezza dei casi trattati, si rivolge, non solo agli studiosi e professionisti del settore, ma anche ai non specialisti quali operatori sanitari, genitori e educatori.

Alessandra Chiaromonte

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