A cura di Paola Miglioranzi, pediatra di famiglia
Una cuffietta azzurra fatta a maglia, con il passante sotto il mento. Il viso come una ceramica pallido, gli occhi chiusi bluastri. Questo è quello che ricordo di Francesco, tre mesi e mezzo, figlio di un collega e di una amica di famiglia, che in una sera invernale non si è più svegliato. Inutile la corsa del padre in ospedale, Francesco ci aveva già lasciato. Io ero medico da poco e rimasi sconvolta come tutti quelli che conoscevano la famiglia. Dopo alcuni anni, mi capitò di seguire il fratello maggiore, Daniele, come pediatra di famiglia. Un bimbetto che durante il funerale, a due anni e mezzo, correva ignaro tra le navate della chiesa. Nessuno aveva il coraggio di fermarlo. Ma quando lo rincontrai si vedeva che c’era qualcosa di “non detto” che lo disturbava, balbettava, era timido e irrequieto. Nessuno aveva più voluto parlare di Francesco, dimenticato con le parole ma ancora nel cuore.
La sindrome della morte in culla, o sudden infant death syndrome (Sids), colpisce i bambini tra un mese e un anno di età. La definizione Sids, che non corrisponde a una precisa patologia, si applica quando si possono escludere, (previa autopsia e analisi accurate dello stato di salute del bambino e delle circostanze della sua morte), tutte le altre cause note per spiegare il decesso del neonato, da malformazioni a eventi dolosi.
Non è stata ancora definita con sicurezza una specifica causa medica in grado di spiegare la Sids ma ci sono invece una serie di comportamenti e di fattori di rischio che possono incidere significativamente sulla probabilità che la Sids si verifichi, come dimostrano numerosi studi e indagini. Secondo quanto riportato dai Cdc americani, la ragione della Sids potrebbe risiedere in anomalie nella zona cerebrale che controlla i ritmi del sonno e della veglia. Per questo, diversi centri di ricerca propongono un modello di triplo rischio per spiegare la catena di eventi che portano alla Sids. In primo luogo, il bambino, apparentemente sano e normale, soffre in realtà di una piccola anomalia nel sistema di regolazione dei ritmi cardiaci, respiratori o generali del proprio organismo. Si verificano poi nei primi mesi di vita cambiamenti nei ritmi del sonno, in quelli respiratori e/o cardiaci, nella pressione o nella temperatura corporea. Infine, eventi esterni, come il fatto di dormire in posiziona prona, l’esposizione a fumo passivo e piccole infezioni respiratorie, si aggiungono e aggravano la situazione, inducendo la Sids e quindi la morte del bambino. Secondo questo modello, si può parlare di Sids solo se i tre fattori sono compresenti.
Non esistono dati nazionali sull’incidenza del fenomeno, mancando un sistema di rilevazione omogeneo; in Italia, in passato, è stata calcolata nell’ordine del 1-1,5‰ dei nati vivi, ma è attualmente in netto declino per la maggior attenzione nel mettere a dormire i neonati in posizione supina. Ora è stimabile attorno allo 0,5‰, ovvero 250 nuovi casi SIDS/anno.
Il picco è fra i 2 e 4 mesi di età, soprattutto nel periodo invernale ed è più rara dopo i 6 mesi. Nel primo mese si parla di SUEND (Sudden Unexpected Early Neonatal Death) entità a sé stante.
Sebbene le cause non siano note, sono state evidenziate delle correlazioni con alcune situazioni, sulla base delle quali sono stati individuati alcuni comportamenti in grado di ridurre sensibilmente l’incidenza della SIDS:
- il bambino deve essere messo a dormire in posizione supina (a pancia in su) sin dai primi giorni di vita
- il bambino dovrebbe dormire nella stanza dei genitori, vicino al loro letto, ma su una superficie separata (culla o lettino). La temperatura dell’ambiente dove dorme il bambino non dovrebbe mai essere eccessivamente calda (andrebbe mantenuta tra i 18 e i 20 °C) ed è da evitare anche l’eccesso di vestiti e coperte. L’associazione tra eccesso di calore e SIDS è particolarmente evidente nei bambini che dormono in posizione prona
- il materasso dovrebbe essere della misura esatta della culla/lettino e sufficientemente rigido e andrebbe evitato l’uso del cuscino: porre il bambino su superfici eccessivamente morbide (anche trapunte) aumenta il rischio di SIDS. Il bambino dovrebbe essere sistemato con i piedi che toccano il fondo della culla o del lettino, in modo che non possa scivolare sotto le coperte, che dovrebbero essere ben rimboccate sotto il materasso (il “sacconanna” può rappresentare una valida alternativa). Inoltre, sulla superficie dove il bambino dorme, non dovrebbero esserci oggetti (es. cuscini, trapunte, piumini, paracolpi, giocattoli di peluche, cordine, piccoli giochi) che possono soffocare, intrappolare, strangolare, ferire il bambino
- la condivisione del letto dei genitori (bed sharing) non è la scelta più sicura (può portare ad un aumento del rischio di SIDS nei primi mesi), ed è particolarmente pericolosa se viene praticata su un divano, se i genitori sono fumatori, hanno fatto uso di alcol, farmaci, sostanze psicoattive o per altre ragioni non sono in buone condizioni di vigilanza (es. stanchezza), nelle prime settimane di vita del bambino o se questo è nato pretermine o piccolo per l’età gestazionale. Ai genitori andrebbero presentate le possibili alternative al bed sharing, come tenere il bambino sul proprio letto solo mentre lo si allatta, spostandolo poi nella culla dopo la poppata e le coccole. Quando la mamma allatta è bene che preferisca sempre il letto al divano, rimuovendo da esso tutti gli oggetti soffici e assicurandosi che il bambino non possa cadere, se si sente molto stanca e vi è la possibilità che si addormenti allattando
- l’ambiente deve essere libero dal fumo, quindi non si deve fumare e soprattutto bisogna evitare che altri fumino in casa
- l’uso del succhiotto, durante il sonno, ha un effetto protettivo, in ogni caso va proposto dopo il mese di vita (per non interferire con l’inizio dell’allattamento al seno) e sospeso possibilmente entro l’anno di vita (per evitare che disturbi il buon sviluppo dei denti). Se il bambino rifiuta il succhiotto non va forzato e, se lo perde durante il sonno, non è obbligatorio riposizionarlo in bocca.
Oltre alla corretta posizione per il riposo notturno nei bambini, sono stati identificati altri fattori di rischio, come:
- Basso peso alla nascita
- Etnia africana
- Sesso maschile
- Alimentazione con latte artificiale
È più a rischio di SIDS, inoltre, il bambino la cui madre:
- Ha fumato, ha bevuto alcool o ha assunto droghe durante la gravidanza
- Ha meno di 20 anni
- Ha avuto un parto singolo o gemellare pretermine (prematuro)
- Non allatta al seno
Anche la genetica è probabile che abbia un certo ruolo nello sviluppo della SIDS: ne è prova che i fratelli dei bambini morti per SIDS avrebbero un rischio di 5-6 volte maggiore di sviluppare una SIDS rispetto agli altri bambini (è tristemente nota la storia, spesso ricordata nei testi di statistica e probabilità, di Sally Clark, una madre ingiustamente accusata di omicidio dei suoi due figli, morti invece proprio per SIDS prima che venisse alla luce la genetica come fattore di rischio).
Scarso resta il ruolo svolto da una storia di apnea dell’infante conclusasi con lo sviluppo di SIDS (solo in un 5% dei casi è stato riscontrato post-mortem che l’infante aveva avuto episodicamente lunghe apnee durante il sonno).
Non riconosciuta, infine, è una correlazione causale tra infezioni delle vie respiratorie superiori e SIDS.
Affrontare questo tipo di morte improvvisa, vedere il proprio bambino sano fino a poco prima e poi che non respira più deve essere come un incubo, che speri finisca ma invece non ti lascia. Ognuno di noi reagisce al dolore in modo diverso. Ben descritto è questo nel film “Il nido dello stormo” (2021) dove una coppia si trova ad affrontare la morte della loro bambina proprio per una morte in culla. Cosa può aiutare ad andare avanti può essere del tutto inaspettato, proprio come lo stormo che non vuole lasciare l’albero davanti a casa. Dalla lotta alla convivenza, un bell’insegnamento.