Numerose sono le situazioni di sofferenza e di dolore che conosciamo dai giornali, di persone che rimangono in vita per settimane, mesi, anni alimentate artificialmente e che – similmente ad un vegetale – non hanno coscienza e neppure la percezione del mondo intorno a loro.
Le testimonianze di dolore dei familiari e le responsabilità professionali di medici ed infermieri spesso si incontrano-scontrano nelle corsie di ospedale, dove – sul filo dell’illegalità – vengono condivise prassi mediche-operative che decidono per la vita del familiare.
Le parole di Michele, infermiere dell’ospedale Careggi di Firenze, pubblicate meno di un mese fa sui quotidiani nazionali, testimoniano la rabbia, il senso di impotenza, la fatica e la responsabilità che la stessa equipe medico-infermieristica si assume di fronte alla famiglia ed alla legge nell’effettuare “accordi di buon senso” con i familiari del paziente.
Si tratta di scelte al di fuori della legislazione.
Oggi, infatti, la volontà della persona di tutelarsi e di esercitare il diritto all’autodeterminazione non si è tradotta in una norma di legge, poiché l’iter legislativo sul testamento biologico si è arenato.
Per testamento biologico (autodeterminazione terapeutica) si intende una dichiarazione scritta che la persona può fare (prima di incorrere in qualsiasi situazione di malattia) per comunicare le cure che desidera e non desidera ricevere, nel caso di sopravvenuta impossibilità di intendere e di volere. Molti cittadini non conoscono l’esistenza ed il significato del testamento biologico ed i medici non hanno la certezza, da un punto di vista giuridico, della sua reale applicazione. Di fatto la legge sul testamento biologico non è stata emanata e sul tema esiste un vuoto di legge.
Differente è il dibattito in Parlamento sull’eutanasia, per la quale siamo in una situazione di profonda incertezza politica. Per eutanasia, si intende la possibilità di esprimere in maniera lucida e consapevole la propria volontà nelle situazioni in cui una malattia (senza possibilità di cura) renda la vita del paziente insopportabile sia dal punto di vista del dolore fisico che della sofferenza psichica. In questa situazione, quindi, si suppone che la persona capace di intendere e di volere, ma colpita da una patologia incurabile, chieda volontariamente di porre fine alle sofferenza ed alla sua vita, preferendo la morte.
Oggi, il dialogo su queste tematiche, attivato da importanti casi mediatici (come ad esempio Eluana Englaro) è presente con l’obiettivo di tutelare il diritto di ciascuno di noi di non soffrire e di poter scegliere per sé sulla propria vita.
Di seguito alcuni volumi di Beppino Englaro (padre di Eluana) che descrivono in maniera precisa ed attenta le vicissitudini che hanno coinvolto la famiglia per moltissimi anni.
Englaro B., Pannitteri A. (2012). La vita senza limiti. La morte di Eluana in uno Stato di diritto. . Edizione BUR, Università Rizzoli.
Marranghello L. (2010). Il caso Eluana. Cronaca di una morte annunciata. Armando Editore, Torino.
Englaro B., Nave E. (2010). Eluana. La libertà e la vita. Rizzoli, Bologna.