Lockdown fase tre: emozioni, stress e coping è il titolo del webinar che si è svolto ieri 7 Gennaio, condotto dal dott. Mauro Serio.
L’indagine condotta da Paola Bastianoni, Pierpaola Pierucci e Mauro Serio del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Ferrara si è svolta attraverso la compilazione online di un questionario tra il 12 e il 24 maggio 2020 e si è concentrata sugli stati d’animo, fattori di stress e comportamenti di coping nella cosiddetta fase tre del lockdown. L’indagine era aperta a tutti i cittadini.
Il genere ha influenzato notevolmente la disponibilità alla collaborazione nell’indagine, infatti hanno risposto per l’81,5% persone di genere femminile.
Rispetto all’età dei rispondenti il 35,2% è di età inferiore a trent’anni, il 31,1% ha un’età compresa tra 31 e 50 anni, il rimanente 33,7% ha un’età superiore a 50 anni. Esistono alcune differenze significative tra maschi e femmine. Le femmine sono distribuite in modo abbastanza omogeneo tra le diverse fasce di età con una leggera prevalenza nella fascia fino a 30 anni mentre per i maschi abbiamo una maggiore presenza di persone nella fascia oltre i 50 anni.
Per quanto riguarda la provenienza geografica il 73% delle risposte sono pervenute da persone residenti o domiciliate nelle regioni del nord, di queste il 28,7% dalla provincia di Ferrara e il 17,9% dalla provincia di Bologna.
Nel momento di questa rilevazione, nei giorni in cui le restrizioni dovute alle decisioni prese per circoscrivere le conseguenze della epidemia di Covid19 cominciavano ad allentarsi, l’ipotesi dei ricercatori era che le conseguenze di tale situazione non si riducevano di pari passo con i tempi di riconquista delle libertà temporaneamente sospese, almeno per una parte significativa della popolazione. Dalla rilevazione generale questo è apparso subito vero, non tutti riuscivano ad attivare modalità di coping, e quindi capacità di resilienza, in grado di riportare in tempi brevi l’equilibrio psico-fisico-sociale ai tempi pre-covid19.
Questo dato che veniva da subito confermato dalle prime elaborazioni delle risposte ricevute era un ulteriore elemento che spingeva ad intervenire subito si alcune tipologie di popolazione prese in esame, come ad esempio quella degli studenti. Anche da questo, ma non solo da questo, l’Università di Ferrara ha attivato il progetto Da soli mai proposto e gestito dalla prof.ssa Paola Bastianoni. Dalle rilevazioni delle richieste degli studenti è emersa una domanda di sostegno per una serie di problematiche che in molti casi possiamo definire lievi, ma che se non accolte potrebbero divenire più significative e al limite disabilitanti non solo nello studio. Infatti nel paragrafo relativo alla popolazione studentesca appare evidente, dalle dichiarazioni dei rispondenti, che sembra essere un gruppo che ha più frequentemente particolari fragilità, con una frequenza maggiore rispetto ad altre situazioni sociali. Con maggiore frequenza gli studenti hanno detto di sentirsi spaventati, irritati, ansiosi, apatici.
Nella valutazione dei dati emerge che una frequenza di rispondenti che mostrano fragilità analoghe emerge nel gruppo di età sotto i 30 anni, dove sono compresi gli studenti ma anche numerosi lavoratori. Pertanto si può ipotizzare che nella nostra società fenomeni come la precarietà del lavoro e del reddito, dell’abitazione e del riconoscimento dei propri titoli di studio si affiancano alla normale precarietà dovuta alla frequenza universitaria facendo si che la popolazione di coloro che hanno risposto nella fascia di età fino ai 30 anni sia quella che mostra maggiori fragilità sia nel caso che siano studenti sia nel caso che non lo siano. La cosa ovviamente non ci può stupire visto che il tema giovanile da anni è presente nei programmi politici di ogni partito, definito da tutti come importante ed emergenziale. Purtroppo la sua permanenza elezione dopo elezione nei programmi politici induce a pensare che si sia ben lontani dalla sua soluzione.
Il genere non appare come una variabile che produca particolari differenze nelle modalità di coping attuate, anche se dobbiamo considerare che i rispondenti sono stati in gran parte donne e ragazze.
Il fatto che esistano differenze abbastanza piccole nelle modalità di coping in relazione alle diverse situazioni sociali, il tipo di occupazione o la situazione contrattuale, sembra indicare che le modalità di coping siano fondamentalmente connesse alla situazione specifica che deve essere affrontata. Anche la percezione di quali stressor colpiscono principalmente la persona non appare influire in modo molto rilevante su come le persone hanno risposto alle domande relative al coping. Questo in un primo momento potrebbe far pensare che la percezione personale di quale stressor sia importante non influisce particolarmente sulle modalità di coping in quanto lo stressor di riferimento era per tutti le limitazioni prodotte dalla situazione di pandemia.
Abbiamo voluto valutare anche l’impatto sulle caratteristiche di coping delle persone che hanno dichiarato di fare volontariato rispetto al gruppo generale. Ci sono differenze significative nelle modalità di coping, ma non possiamo dire se sia l’attività stessa di volontariato a produrre tali differenze oppure le disposizioni personali di chi decide di dedicare le sue competenze e il suo tempo ad svolgere attività utili per la comunità e le altre presone.
Se prendiamo in considerazione l’aspetto dei sentimenti e delle emozioni dichiarati dai rispondenti ci accorgiamo quanto la disposizione individuale sia influente su come le persone attivano le proprie modalità di coping creando un vero e proprio spartiacque tra un tipo di emozioni che vengono vissute come fastidiose:, sentirsi spaventato, irritato, ansioso, apatico e un altro tipo vissute come tranquillizzanti: sentirsi sicuro, rilassato, speranzoso, attivo. Tra questi gruppi di rispondenti si sono trovate sostanziali differenze nelle modalità di coping che fanno ipotizzare che le disposizioni individuali abbiamo un grande importanza su tali modalità e quindi sulla resilienza delle persone di fronte ad eventi problematici e stressanti.
Differenze significative dovute a come le persone hanno dichiarato di sentirsi si sono verificate anche nella visione del futuro, con frequenze di visioni pessimiste e ottimiste fortemente differenziate. Rimane aperta la discussione su cosa possa influire su tale modalità personale di reazione: la struttura di personalità, l’ereditarietà, il carattere, i valori, l’esperienza. Forse tutti questi fattori hanno importanza per non ritornare all’eterno dibattito su ciò che è innato e ciò che è appreso.
Ad oggi appare difficile pesare i diversi fattori ma certamente possiamo affermare che i dati della ricerca indicano che le persone, di fronte alla medesima situazione, possono reagire diversamente in base alla loro condizione sociale, ma soprattutto possono reagire diversamente in base alle loro disposizioni personali. Questo lascia ampi margini operativi per favorire nelle persone in difficoltà la crescita di capacita di coping e di resilienza di fronte ad eventi stressanti.
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