È proprio sull’idea di linea che abbiamo iniziato a lavorare con gli studenti e le studentesse nel laboratorio “Comunicare il lutto nell’antichità”.
Ricordava già Paul Klee che “una linea è solo un punto che è andato a fare una passeggiata”, e così anche noi abbiamo fatto. L’obiettivo era dare voce ad alcuni oggetti di uso quotidiano ritrovati negli scavi archeologici delle tombe della via Appia 39, raccontare quelle storie che ancora nessuno aveva mai raccontato per tessere un ponte tra il passato e il presente. Volevamo insomma portare questi oggetti a fare una passeggiata nel tempo. Tuttavia, spesso si prova imbarazzo al pensiero di dover scrivere o raccontare, si pensa di non essere in grado, di non averlo mai fatto prima, di non saper trovare le parole o le idee giuste… Abbiamo allora rotto il ghiaccio, esercitandoci a raccontare con una sola linea la storia della nostra vita, del nostro ultimo anno, della nostra settimana, con i nostri alti, i nostri bassi, i grovigli e le linee rette. Una linea ha molto da dire, anche senza parole. Aiuta anche a rendere concreto nel mondo un pensiero attraverso un gesto, a poterlo guardare dall’alto riflettendoci su.
Abbiamo poi aggiunto qualche parola, segnando i punti di svolta, i momenti importanti, o dando un nome ai periodi sereni, a quelli dolorosi, a quelli solo confusi. Senza neanche rendercene conto, avevamo già raccontato una storia lunghissima e intricata come la nostra vita, in modo semplice.
Forti di questa nuova capacità appena scoperta, siamo passati allora ai reperti archeologici. Una spilla, una moneta, una collana, una corona di terracotta… sono state loro le nostre guide: scoprendo il modo e il contesto in cui venivano utilizzate abbiamo potuto intrecciare storie che parlassero anche a noi, tanti anni dopo. Abbiamo delineato una struttura semplice: introduzione: dove avviene l’evento che dà il via alla storia e dove capiamo di cosa stiamo parlando; parte centrale, dove conosciamo i personaggi e gli eventi hanno una causa e un effetto; e conclusione, che non vuol dire che qualcosa finisce, ma che qualcosa è cambiato rispetto all’inizio. Una struttura, ricordiamo, non limita la creatività, al contrario. È più come una scala che possiamo usare per arrivare ogni volta in punti diversi. O come un pacco regalo: la scatola è sempre simile, ma il contenuto cambia sempre.
Dagli scavi alle aule e poi di nuovo agli scavi e alle persone che li visiteranno: la passeggiata di questi oggetti è stata lunga ed entusiasmante, ci auguriamo che possano suggerire anche a voi nuove storie da raccontare, nuove linee da tracciare.
Marco d’Alessandro, fumettista, dottorando in Immagine, linguaggio, figura (UniBo – UniMi).