Migrazione, storia antichissima, trasversale, attuale. Uomini, donne, bambini, lasciano da sempre il loro territorio per ambienti più favorevoli. Fuggono dalla miseria, da discriminazioni sociali, politiche, religiose, da sanguinose dittature, guerre, macerie. Sanno di morire e sfidano viaggi lunghi e disperati per mare e per terra affidandosi ad uomini senza scrupoli, nuovi negrieri, commercianti di vite umani, con una sola speranza: sopravvivere. Chi non muore in mare e di stenti, anziché accoglienza e tutela trova spesso muri fisici e mentali invalicabili, veri e propri fenomeni di xenofobia e razzismo, cadendo purtroppo in nuove forme di discriminazione ed emarginazione. L ‘unico antidoto a tanto malessere rimane l ‘accoglienza, la tutela dei diritti umani, la realizzazione di comunità aperte, multirazziali e interculturali.
Non si fermano le tragedie di migranti in mare.
L’ UNHCR stima che siano 4.176 le persone morte o disperse nel Mediterraneo nell ’ultimo anno. In media, 11 tra uomini, donne e bambini sono morti ogni giorno negli ultimi dodici mesi.
Nei primi otto mesi del 2016 – sempre secondo l’UNHCR – circa 281.740 persone hanno tentato la pericolosa traversata in mare verso l’Europa. Il numero di rifugiati e migranti in arrivo in Grecia è considerevolmente diminuito a seguito dell’attuazione dell’accordo tra Unione Europea e Turchia e della chiusura della cosiddetta rotta balcanica, passando dagli oltre 67.000 arrivi di gennaio ai 3.437 di agosto. Il numero di arrivi in Italia è rimasto sostanzialmente stabile con circa 115.000 rifugiati e migranti sbarcati nel paese alla fine di agosto, in linea con i 116.000 arrivi registrati nello stesso periodo dello scorso anno.
Il cambiamento principale, tuttavia, riguarda il numero delle vittime. Dall’inizio del 2016 una persona ogni 42 che hanno tentato la traversata dal Nord Africa verso l’Italia ha perso la vita, rispetto al dato di 1 ogni 52 dello scorso anno. A fronte di questi dati, il 2016 risulta ad oggi l’anno col tasso di mortalità più alto mai registrato nel Mediterraneo centrale. Le probabilità di perdere la vita lungo la rotta che dalla Libia porta all’ Italia sono dieci volte superiori a quelle che si corrono tentando la traversata dalla Turchia alla Grecia.
Alessandra Chiaromonte