Giordano Pariti è approdato alle arti visive sospinto dalla naturale predisposizione a guardare nel profondo delle cose e a cercare di raccontarle per esorcizzarne l’impatto emotivo con se stesso e con l’esterno. La sua opera artistica seziona e indaga frammenti di storie, di strutture e di coinvolgimenti che si innescano e si dipanano nella complessa rete di rapporti individuali, familiari e sociali.
GIORDANO PARITI – Melendugno (Lecce), 1968 – vive e lavora a Lecce.
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Principali mostre personali:
- Camminare insieme sui passi del riposo, Fabula FineArt Gallery, Ferrara, 2018
- Memorie in attesa di un tempo, Serra dei Giardini Castello, Venezia 2016
- Aquae Motus, Portico Pinacoteca Civica “Il Guercino”, Cento (Ferrara), 2014
- Dodici vertigini di cielo, Casa della Solidarietà “A. Dubcek”, Casalecchio di Reno (Bologna), 2013
- Dichiarazione di Dignità, Fondazione Umbra per l’Architettura “Galeazzo Alessi”, Perugia, 2013
- Con la terra che ho spostato per seppellire il tuo corpo, ho costruito una collina da cui contemplo il mondo, Grotte del Boldini, Ferrara, 2013
- Sense Lag Galleria Rivaartecontemporanea, a cura di Francesca De Filippi, Lecce, 2009
- (M)eat, Galleria Totem Il Canale, testo critico di Francesca De Filippi, Venezia, 2009
- Intra Moenia, Galleria Totem Il Canale, testo critico di Alessandro Taurino, Venezia, 2007
- Liquid, Palazzo Rollo, testo critico di Alessandro Taurino, Lecce, 2006
- Liber. Nero Lacerato, Spazio “La virgola”, Casalecchio di Reno, (Bologna) 2004
- Scarecrow, Studio Arcosala Brindisi, 2004
Principali mostre collettive:
- Siamo tutti arte offesa, San Vito dei Normanni (Br), 2012
- Una Colazione ad Arte, Taranto, Catanzaro, 2009
- Portraits, Art&Ars Gallery, Galatina (Le), 2009
- Il cuoco, l’artista, l’architetto e il suo curatore, a cura di Grazia De Palma, Mola di Bari (Ba), 2008
- Conuscìte, Borgo Medievale di Castelbasso (Te), 2006
- Stanze d’Artista, Mavù, a cura di Antonella Marino, Locorotondo (Br), 2004
- Artisti su 4 ruote, a cura di Pietro Marino, Bari, 2004
- Flash Art Fair, Milano, 2004
- Riparte, Hotel Ripa, Roma 2003
- Postounico, Cisternino (Br), 2002
Camminare insieme sui passi del riposo
c/o la Galleria d’ arte – Fabula Fine Art in via del Potestà, 11 – Ferrara
4 Ottobre 2018
h 18.00
Camminare insieme sui passi del riposo giunge nell’arte di Giordano Pariti dopo una lunga indagine sulla elaborazione del lutto cominciata alcuni anni fa con l’installazione Visite (Castelbasso, 2006 – Venezia, 2007) in cui si rifletteva sulle dinamiche sociali nel sostegno dell’evento luttuoso e proseguita poi con l’installazione Con la terra che ho spostato per seppellire il tuo corpo ho costruito una collina da cui contemplo il mondo (Ferrara, 2009) con la quale si indagava l’elaborazione personale e familiare del lutto. Successivamente con Dodici vertigini di cielo (Casalecchio di Reno, 2013) fulcro della ricerca divenne la comunità scolastica dell’Istituto Salvemini di Casalecchio di Reno per ricordare le vittime dell’incidente aereo del 1990 e con Aquae motus (Cento, 2014) ad essere coinvolta in una performance fu la popolazione Comune di Cento colpita dal terremoto. Con questo nuovo lavoro presentato a Ferrara presso la galleria FabulaFineArt Gallery, l’artista sposta l’asse della sua riflessione dalle persone coinvolte nell’evento luttuoso al personale addetto alla attività funeraria, nello specifico, alla figura del necroforo. La morte posta come elemento basale per l’interpretazione e l’elaborazione teleologica dell’esistenza di ogni uomo, da evento intimo, familiare si trasforma, nel corso di una strutturazione sociale sempre più articolata e complessa, in un fenomeno collettivo in cui sono coinvolti non solo i parenti del defunto ma, con diverse mansioni, anche altre figure via via sempre più peculiari così, il necroforo, da un campo d’azione marginale, gradualmente, si è ritrovato al centro del rituale, occupando ruoli un tempo ricoperti esclusivamente dai familiari o persone vicine al defunto. Le sue mansioni sono state riscritte a favore di competenze specifiche nell’ambito della ricomposizione della salma, della tanatoestetica, dell’allestimento della camera mortuaria oltre che ogni genere di necessità amministrativa. Il necroforo, così come si presenta nella nostra contemporaneità, non è altro che il risultato di una lenta trasformazione delle relazioni familiari e sociali; la morte è divenuta un evento strutturato e normato, gli operatori funebri si sono sostituiti alle antiche prassi con una azione professionale in grado di offrire al momento funebre tutte le necessità e le attenzioni riservate ad un evento così delicato ed importante. Giordano Pariti partendo da una approfondita ricerca storica ed antropologica sulla figura del necroforo ha elaborato una installazione in cui, attraverso l’utilizzo di numerosi contenitori di vetro, il ruolo del necroforo viene presentato nelle sue trasformazioni temporali sociali e professionali. Camminare insieme sui passi del riposo rappresenta una espansione della precedente installazione Visite in cui i barattoli di vetro erano usati per raccontare il supporto della rete familiare e sociale che durante il periodo dell’evento luttuoso faceva visita alla famiglia colpita dalla morte per portare alimenti che servivano al sostentamento della loro vita quotidiana. In questo nuovo lavoro i contenitori di vetro mantengono il loro contenuto, gli alimenti (come rimando al sostentamento ed alla vicinanza della rete sociale) ma progressivamente ogni barattolo abbassa il livello dell’alimento conservato nel momento in cui etichette riguardanti le norme dell’operatore funebre cominciano a sostituirsi ai nomi delle persone e del contenuto. Le etichette, inizialmente presenti sui barattoli come semplice promemoria della visita di amici e parenti, lentamente si trasformano, diventano più professionali ed estetiche: dal semplice contenitore privo di etichetta si passa a quello con la fascetta scritta a mano, a quella stampata, alla fotografia, fino a giungere alla loro totale sostituzione per fare spazio agli articoli del DDL 1611 che concernono le norme e mansioni dell’attività dell’operatore funebre. Il contenitore diventa quindi elemento simbolico della trasformazione professionale del necroforo dove la rete familiare che si attiva durante l’evento luttuoso viene sostituita gradualmente dalla professionalizzazione del ruolo dell’operatore funebre. In questa trasformazione l’artista sottolinea il rischio in cui potrebbe incappare il necroforo diventando un asettico operatore, una figura meramente estetica e funzionale, spogliato di tutto il carico di umanità e di confortante vicinanza che la rete familiare e sociale in passato era in grado di offrire alla famiglia colpita dalla morte. Oltre all’installazione, è presente in mostra un video, in cui Giordano Pariti, sempre attraverso l’utilizzo degli stessi contenitori di vetro, racconta gli spazi abitati dalla morte (sale mortuarie, sale del commiato, obitori, cimiteri, etc.). Il video rappresenta una declinazione visiva di ciò che l’installazione presenta come una sorta di frame statico. Nella nostra contemporaneità i rituali del lutto, tranne quelli dei personaggi famosi che diventano sempre più spettacolari, tendono inesorabilmente a scomparire; ai familiari del defunto viene sottratto il periodo del lutto, la solidarietà del gruppo sociale: l’attraversamento del lutto, con le sue relative implicazioni e declinazioni personali, familiari e sociali, è ormai una pratica desueta e quasi del tutto estinta in molte parti del nostro Paese. Il funerale è limitato alla funzione religiosa in chiesa, il corteo funebre nel quartiere è scarsamente partecipato, se non totalmente abolito, e tutto ciò che in passato aveva un forte valore simbolico-rituale (come paramenti ed addobbi) è stato abbandonato. Geoffrey Gorer nel suo articolo La Pornografia della morte (1955) a proposito del lutto scrive: Si piange soli, in privato, di nascosto, come se si trattasse di una sorta di masturbazione. In Camminare insieme sui passi del riposo Giordano Pariti tenta di smascherare proprio questa entropia dell’evento luttuoso che nel nostro tempo è sempre più debordante, al contempo, insinua una riflessione fondamentale che è quella di umanizzare le professionalità che concernono questi drammatici ed inalienabili momenti della vita per riportare l’evento della morte a qualcosa di familiare, di conosciuto, di accettato e condiviso.
“Aquae motus”
Iniziativa di commemorazione a due anni dal terremoto dell’Emilia
Portico Pinacoteca Civica “Il Guercino” – CENTO
Sabato 31 Maggio 2014
Ore 16.00 – 19.00
A due anni di distanza dalla grande scossa, in un luogo ancora ferito dalla terra, un lungo foglio di carta raccoglie i cittadini di Cento per riflettere sul senso della perdita, non solo intesa come morte, ma anche come scomparsa di affetti, effetti, luoghi di lavoro e di relazione. La performance “Aquae motus ” dell’artista Giordano Pariti è un invito, rivolto a tutta la comunità di Cento, a scrivere o rappresentare con l’acqua le sensazioni legate ai giorni ingrati del terremoto. La scelta di questo medium richiama la temporaneità, il passaggio, la consapevolezza dell’hic et nunc ma consegna un’azione nel suo stesso compiersi poiché niente si dissolve in eterno se ha avuto un momento in cui si è compiuto. Ed è proprio questo momento che i partecipanti all’azione performativa affideranno alla carta che, attraverso l’acqua, tornerà a raccontare, a far vivere emozioni e sentimenti, questa volta intimamente connessi alla consapevolezza che ciò che si manifesta avrà il tempo breve di un passaggio, di una emersione e del suo ineluttabile svanimento. Il foglio di carta allontana ogni separazione e accomuna le esperienze in una elaborazione collettiva del tragico evento dove i vissuti personali si accostano, si sovrappongono, si legano profondamente in un continuum che richiama la stessa esistenza. Ogni perdita invoca una relazione per essere elaborata; la perdita stessa spinge il dolore individuale a varcare le stanze anguste dell’Io per ritrovare negli altri non l’annullamento del proprio dolore ma la forza per affrontare e rimarginare le ferite del proprio cammino. Così la vita, le cose perse della vita, possono ritrovare nell’arte una possibilità di perennità, uno sguardo che affonda nella sospensione del tempo dove tutto è nello stesso istante presenza e assenza, mancanza e conforto, mai arido affanno
“Con la terra che ho spostato per seppellire il tuo corpo ho costruito un collina da cui contemplo il mondo”
Grotte del Boldini , Ferrara
14/20 Gennaio 2013
L’installazione artistica di Giordano Pariti è un racconto archetipico; il racconto di una perdita. E’ la perdita di un figlio vissuto una sola stagione, rievocato dai suoi calzari – quelli di una volta tagliati in cima perché in estate il piede potesse respirare. Un’unica stagione della vita, un unico paio di calzari che si muovono su terre su cui non potranno mai più lasciare impronta. Una storia privata, simile ad infinite altre e che non dovrebbe interessare il pubblico dell’arte, se non per i contenuti universali capace di veicolare una volta fattasi immagine. In questa opera scatta invece qualcosa di nuovo. Giordano Pariti non si limita ad accettare il postulato dell’espediente stilistico in cui riversare il proprio sentire per farne un sentire di tutti, ma propone qualcosa di nuovo e potente: la narrazione di un processo psichico, l’elaborazione di un lutto che non si confronta con la perdita definitiva ma con la presenza dell’assenza. Scrive Massimo Recalcati: ”l’oggetto assente è l’oggetto massimamente presente nell’affetto luttuoso, l’oggetto assente, l’oggetto morto, l’oggetto perduto è massimamente presente cioè appare, si manifesta come indimenticabile” (Recalcati M., Lavoro del lutto, melanconia e creazione artistica). Nell’elaborazione del lutto lo strazio intollerabile dell’impossibilità di dimenticare il dolore non è che l’altra faccia del bisogno quasi ossessivo che l’uomo ha di ricordare il passato e tutto ciò che è associato alla persona scomparsa – anche il suo unico e solo paio di scarpe. In realtà il dolore terribile della perdita che sembra inizialmente insopportabile è, a sua volta, una forma di difesa, perché sta al posto della perdita, riempie lo spazio affettivo di quell’assenza e consente di farci progressivamente arrivare, non a dimenticare, ma a neutralizzare l’affetto connesso a quella perdita. Il ricordo esiste ancora, ma fa sempre meno male, trasformandosi progressivamente in presenza creativa, in quella collina dove ci conduce Pariti per fornirci di uno sguardo nuovo sul mondo. L’artista riesce in questo lavoro a realizzare compiutamente il lungo e faticoso processo di elaborazione di un lutto e, contravvenendo ai presupposti della Narrative Art in voga negli anni passati, usa l’immagine fotografica come una potente lente sull’inconscio, attribuendo ad ogni immagine proposta un valore unico e insostituibile. Ogni immagine risulta così un dato esistenziale, esclusivo, irripetibile e indispensabile alla narrazione; ogni immagine crea un contatto immediato con il pubblico e lo immette in una dimensione temporale assolutamente privata, intrapsichica, dove il tempo dei fatti non corrisponde a quello delle emozioni, dove gli eventi non sono in sequenza, dove l’unica cronologia riconoscibile sono le fasi di elaborazione del dolore del lutto. E’ il tempo interiore, è il linguaggio dell’inconscio che dà immagine all’assenza dilatando a dismisura l’oggetto scelto a simbolizzare quell’assenza che acquisisce la consistenza drammatica, a tratti onirica, di una presenza imponente continua e totalizzante in un drammatico scambio di prospettiva tra l’assente (il figlio morto) e chi vive (la madre nella bara-scatola, le scarpe dentro le scarpe rosa del nuovo figlio). La scatola che conteneva le scarpe per la sepoltura diventa il monumento funebre, che da sempre racchiude nella storia dell’umanità la continuità tra la morte e la vita, tra l’assenza dell’oggetto amato e la presenza del dolore provato. In questo senso Giordano Pariti impiega l’agire artistico inteso come agire esistenziale offrendo al pubblico una chiave di lettura del processo di elaborazione del lutto non priva di un evidente valore metaforico, la metafora per così dire “progressiva” di un’archiviazione che tramite alcune presenze (le scarpette rosa legate da un nastro rosso che rappresentano la vita che continua, il dono di una nuova vita) ci parla in qualche modo anche del futuro, della vita che procede e persiste ad essere inestricabilmente immagine e sentimento, senza un confine preciso tra privato ed universale, tra chi non c’è e chi rimane. Rinnovare il tonfo di un vuoto per ricordare a questa società, che prende sempre più le distanze dalla morte, che una perdita, aldilà di tutti gli aspetti drammatici, rituali e collettivi, rimane un fatto intimamente personale che però non ci annienta, se da esso facciamo scaturire uno sguardo sulla vita disincantato e pulito, uno sguardo che sappia accettare l’abisso e da esso ripartire per costruire un nuovo percorso di vita.
Dodici vertigini di cielo
Casa della Solidarietà “A. Dubcek” – Casalecchio di Reno
02 – 06 Dicembre 2013
Giordano Pariti in questa performance riunisce una grande comunità intorno alla elaborazione di una ferita, di uno squarcio che ha segnato la vita dei ragazzi, oggi uomini e donne, dell’Istituto Salvemini di Casalecchio di Reno.
Scale sospese nel vuoto, posate per terra per sollevare mani di soccorso, scale che creano un ponte verso il cielo, snaturate della loro intima vocazione e poi panico, ascese, discese, anelito di approdo. Dodici scale in ricordo dei ragazzi dell’istituto Salvemini di Casalecchio di Reno, che non erano su una pista d’atterraggio ma nell’aula di una scuola a svolgere il loro compito di studenti. La scala, simbolicamente, mette in comunicazione i due regni antitetici della vita e della morte e che in questa performance di Giordano Pariti riunisce una grande comunità intorno alla elaborazione di una ferita, di uno squarcio che ha segnato la vita di ragazzi, oggi uomini e donne, e di tante famiglie. Scale, dunque, per salire al cielo e per ritornare sulla terra, scale per non dimenticare e per continuare a vivere, riflettere, condividere, comunicare.
Video “Dodici vertigini di cielo”
“VISITE”
Omaggio alla storia di un antico borgo medievale”
( a cura di Chiara Materazzo)
nell’ambito del progetto cultura Conuscìte.
Castelbassso
dal 16 Luglio al 27 Agosto 2006
Due volti di antichi e fieri contadini del sud (i miei bisnonni Paolo e Carmina) solcati dall’inchiostro di un elenco minuzioso di persone e cose. E’ un promemoria di tutte gli alimenti che durante la “visita” funebre le persone hanno offerto come dono alla famiglia di mia nonna Maria colpita dalla morte dei suoi genitori. Nelle nostre comunità salentine questo tipo di pratica sociale di vicinanza alla famiglie colpite da un lutto viene chiamata “consulu” e consiste nel portare alimenti che potrebbero servire alla loro quotidianità. La lista minuziosa e dettagliata serviva a mia nonna per non dimenticare chi le era stato vicino, così da poter ricambiare nel momento del loro bisogno. I 13 barattoli di vetro della installazione contengono alcuni degli alimenti in elenco. I volti dei ritratti sono del mio bisnonno Paolo e della mia bisnonna Carmina, morti rispettivamente nel 1974 e nel 1975. Il promemoria é stato scritto da mia nonna Maria (madre di mia madre) uno per la perdita del suo ” papà” e l’altro per la perdita della sua “mamma”, ed è stato trovato da mia madre dopo la morte di mia nonna (nel 1996). Il piano relazionale della cura in Visite si connota di una dimensione più estesa che rimanda ad un esterno familiare, definendo la possibilità della cura stessa come dono gratuito e nello stesso tempo dovuto; dono come offerta solidale in relazioni a legami riconosciuti e conclamati sulla base dell’esperienza di forme e strutture relazionali codificate; dono come memoria, come azione da restituire, come espressione dell’essere con l’altro.