Vorrei condividere oggi con voi un pensiero attorno ai malati di Alzheimer. Ci siamo abituati alla loro presenza e alla presenza delle badanti a cui affidiamo la loro cura. Ci siamo abituati all’idea che un genitore che inizia a perdere la memoria ha bisogno, per la sua sicurezza, di qualcuno che in casa lo controlli e lo aiuti a non mettersi in pericolo. Serve in casa qualcuno che aiuti i nostri anziani a non mettersi in pericolo. Sembra essere questo l’obiettivo principale e allora va bene qualsiasi persona dotata di buon senso, anche che non parla o parla pochissimo la nostra lingua. L’importante, ci si ripete come un mantra, è che sappia proteggere i nostri vecchi dai pericoli. Ma quale è il vero pericolo per una persona affetta da Alzheimer? Lo sappiamo tutti. È una risposta facile. Il vero pericolo è l’amnesia, l’assenza dei ricordi che intacca l’identità personale. E allora segue la domanda più semplice e scontata, che scontata non è affatto. Come può un’estranea (o estraneo) che non ha memoria condivisa con la persona che gli stiamo affidando e con la quale gli chiediamo di vivere rappresentare la protezione dai pericoli in cui quell’anziano incorre, quando è proprio la condivisione di una storia condivisa l’unico autentico antidoto al pericolo insito a questa malattia? La vita di una persona in Alzheimer è protetta dalla memoria dell’ambiente, il suo ambiente, riattivatore di ricordi automatici; è protetta dalle routine quotidiane, dalle abitudini consolidate da decenni, dal sapore dei cibi amati, dalle narrazioni delle persone conosciute da sempre: figli, vicini di casa, amici, negozianti. Sono le persone conosciute da sempre che hanno memoria e possono parlare di te aiutandoti a ritrovare nelle foto, nei visi di chi hai sempre avuto a fianco il fil rouge della vita indebolito dalla malattia. Nessuna badante può da sola sostenere la memoria indebolita di un anziano in Alzheimer rafforzando la sua identità. Occorre la memoria familiare e sociale che può essere garantita soltanto da familiari, amici e conoscenti che possano realizzare congiuntamente e assieme alla badante quello che è il quotidiano miracolo della vita: non decretare la morte sociale e personale di una persona in Alzheimer quando la vita che gli è dovuta è nei mille e semplici gesti quotidiani che tutti, anche se indaffarati e presi dalla propria vita, possono realizzare , anche con qualche sforzo emotivo e organizzativo, nei confronti di chi è ancora in vita.
Paola Bastianoni, direttrice del Master Tutela, diritti e protezione dei minori e del Laboratorio Uno sguardo al cielo