Dialogo con la morte
“E guardami in faccia … tu, disegno del destino/guardami gli occhi chiari mentre ricurva lama scende/guardami dentro e trema di un sussulto che è divino/Guardami ancora perché sei tu ad aver paura ora”.
(tratto da Anfratti e Disincanto di Roberto Tanfani)
Roberto è un uomo di mezza età, una mattina come tante al lavoro, nell’amministrazione di un ospedale del Friuli, sente un dolore acuto al braccio sinistro, un senso di oppressione al petto, respira a fatica e cade a terra, la collega chiama soccorso: un infarto.
La riabilitazione è durata circa un anno ed è stata indubbiamente faticosa nonostante Roberto abbia vinto la sua lotta contro la morte, ha tuttavia subito un lutto simbolico ovvero la perdita della salute ideale a cui tutti auspichiamo. Quella che conducendo uno stile di vita sano, non impone delle restrizioni alle attività quotidiane, all’attività lavorativa, ai rapporti sociali e non obbliga a determinare le proprie scelte giornaliere, in base a trattamenti farmacologici scanditi dal tempo. A vivere con la fatica di sentire ogni “cigolio” del corpo con angoscia. Dopo l’infarto infatti, l’uomo ha smesso di guidare ogni mezzo di trasporto, raccontando che non è a causa del timore per sua incolumità ma per paura di danneggiare gli altri, nel caso in cui venisse nuovamente sorpreso da un attacco cardiaco. Inoltre, la sua vita è scandagliata dall’assunzione giornaliera di una terapia salvavita e da limitazioni dettate dalla patologia.
Quando si parla di vita ma soprattutto, quando si pensa alla vita, si manifesta con forza anche la sua relazione con la morte poiché sia dal punto di vista dei termini che dei significati, sono due concetti più uniti di quanto li si voglia scindere. A questo proposito una metafora della vita nel suo senso più ampio la possiamo prendere in prestito dall’espressione araba “Shāh Māt” ovvero “il Re è morto” che viene utilizzata quando si conclude una partita a scacchi. Se riflettiamo, infatti, la vita è come una partita a scacchi, dove l’unico modo per sconfiggere la morte è fare scacco ad essa, ovvero combattere per vivere.
Il modo che Roberto ha trovato di combattere per vivere si traduce in una cura della mente oltre che del corpo, attraverso la scrittura di poesie autobiografiche che gli permettono di alleviare l’ansia del “ritorno e della partenza”.
Giada Zucchini, collaboratrice del progetto “Uno sguardo al cielo”