Come indica il titolo del libro (Grazia Tomasi, Per salvare i viventi. Le origini settecentesche del cimitero extraurbano, Il Mulino, Bologna 2001), nel 1700 iniziò ad emergere il problema delle sepolture. Un qualche intervento era stato giudicato necessario a tutela della salute pubblica, per salvare appunto i viventi. La scienza medica del tempo era diventata attenta, fino alla sopravvalutazione, nei confronti del pericolo rappresentato dai miasmi dei cadaveri sepolti nelle chiese. Ma questa preoccupazione pur largamente condivisa si trovò a interagire con due diverse sfere di interessi: quella del clero, che non voleva rinunciare alla sua tradizionale gestione, economicamente redditizia e spiritualmente strategica, della morte; e quella della nobiltà, che nelle tombe e cappelle gentilizie degli edifici sacri rivendicava un simbolo e anche una componente del suo distinto e privilegiato status sociale.

La prossimità dei vivi con i morti appariva sempre meno opportuna, e questo punto di vista sociale e culturale si è andato consolidando a partire dalla riforma napoleonica, che imponeva la costruzione dei cimiteri fuori dal perimetro delle città, fino ai giorni nostri.

La rappresentazione del pericolo delle persone morte ha avuto cinematograficamente un grande successo con il filone degli zombi interpretato in svariati modi, ma quasi sempre colmo di pericolo ed orrore. Fa eccezione IZombie, serie TV che narra le vicende di una patologa divenuta zombie che deve mangiare cervelli umani per mantenersi umana e aiuta la polizia a risolvere i crimini e pochi altri casi.  Ma anche in IZombie  morti viventi sono molto pericolosi e cattivi.

La nascita di questo filone possiamo attribuirla ad un film del 1968 diretto da George A. Romero dal titolo “La notte dei morti viventi”. Sono poi tantissimi i film e le serie TV che riprendono il tema dei morti che risorgono e si scagliano contro i vivi.

Il creatore di Dylan Dog, Tiziano Sclavi, ha scritto un romanzo dal titolo “Dellamorte dellamore”, da cui è stato tratto un omonimo film. Il protagonista è il costode del cimitero di Buffalora, Francesco Dellamorte. Accortosi che i morti dopo sette giorni dalla sepoltura risorgevano e si comportavano in modo molto aggressivo, si pone a difesa del paese uccidendoli nuovamente e definitivamente per impedire loro di invidare il paese, occupandosi di seppelirli nuovamente. Purtroppo i suoi lodevoli sforzi, anche se un po’ truculenti, non possono impedire l’inevitabile.

Ma forse sta accadendo qualcosa di nuovo che interrompe questa narrazione. Violette Toussaint è la custode del cimitero di Brancion-en-Chalon, un paesino della Borgogna. Violette è la protagonista del libro di Valérie Perrin “Cambiare l’acqua ai fiori”  edizioni E/O. In questo caso, però, la sua missione non è separare i vivi dai morti per salvare i viventi, quanto piuttosto ricreare fili di empatia tra i vivi e i loro cari morti, consolare i sopravvissuti e accoglierli nella casa del custode offerndo del te e accudendo gli animali rimasti soli dopo la morte del loro padrone. Lei è la guardiana della vita e della morte degli altri, ma non riesce ad esserlo della propria. Alla memoria del vissuto cerca di compensare con la memoria dei dettagli, quelli che annota scrupolosamente su un quaderno, per poi mostrarli a parenti o amici che non sono riusciti ad essere lì, alla funzione di un loro congiunto.

Un solo essere ci manca, e tutto è spopolato.

I miei vicini non temono niente. Non hanno preoccupazioni, non si innamorano, non si mangiano le unghie, non credono al caso, non fanno promesse né rumore, non hanno l’assistenza sanitaria, non piangono, non cercano le chiavi né gli occhiali né il telecomando né i figli né la felicità.

Non leggono, non pagano tasse, non fanno diete, non hanno preferenze, non cambiano idea, non si rifanno il letto, non fumano, non stilano liste, non contano fino a dieci prima di parlare, non si fanno sostituire.

Non sono leccaculo né ambiziosi, rancorosi, carini, meschini, generosi, gelosi, trascurati, puliti, sublimi, divertenti, drogati, spilorci, sorridenti, furbi, violenti, innamorati, brontoloni, ipocriti, dolci, duri, molli, cattivi, bugiardi, ladri, giocatori d’azzardo, coraggiosi, fannulloni, credenti, viziosi, ottimisti.

I miei vicini sono morti.

L’unica differenza che c’è.

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