Sentiamo spesso, da varie fonti, associare il tempo presente ad un tempo di guerra. E’ questa un’analogia calzante e pertinente o, piuttosto, un inutile quando non dannoso spauracchio, che ci fa sentire costantemente in pericolo, minacciati, in procinto di doversi difendere? E, se questa è una guerra, chi sarebbe il nemico? Da chi ci dobbiamo guardare?
Temo che sentirci in guerra possa rendere questo un tempo sterile, anzi, forse dannoso per la nostra società, perché può riattivare vecchie ferite del passato, un’ancestrale paura dell’Altro, un meccanismo di difesa contro chiunque e qualunque cosa, perché ciascuno può essere portatore del virus.
Non potrebbe, invece, essere questo un tempo, invece che di guerra, di cura? Cura delle relazioni, cura di sé, tempo di riflessione profonda, di dialogo con sé stessi. Ripresa di consapevolezza della propria interiorità, revisione delle proprie incrollabili certezze. Diversamente, temo che questa auspicata rinascita tarderà ad arrivare.
Monica Betti