Regia:  Uberto Pasolini

Genere: Drammatico

Tipologia: Acompagnare al lutto, Educazione alla Elaborazione lutto

Interpreti: Eddie Marsan, Joanne Froggatt, Karen Drury, Andreww Buchan 

Origine: Regno Unito, Italia

Anno: 2013

Trama: John May, umile, meticoloso e solitario impiegato comunale si occupa di rintracciare nella caotica e indifferente Londra i familiari di persone morte in solitudine, organizzarne i funerali, raccogliere notizie delle loro vite, preparare orazioni funebri. Un lavoro che svolge con impegno professionale e meticolosità nella consapevolezza che anche chi vive e muore solo ha diritto ad avere una sepoltura dignitosa, e la sua vita, qualunque sia stata, deve essere riconosciuta, rispettata e ricordata. Sopravvivere, insomma, anche dopo la sua morte.

 Recensione:  Still Life – Ancora la vita (premiato  come migliore regia nella sezione  Orizzonti alla 70ª  Mostra internazionale d’ arte cinematografica di Venezia) è un film del 2013 di Uberto Pasolini, nipote del più famoso Luchino Visconti. Il film ha la struttura di un giallo, pieno di scoperte e colpi di scena, ma è fondamentalmente una storia emozionante, di un formidabile lirismo, fondata sull’umana pietas. Si rifà ad un personaggio realmente vissuto di cui Pisolini ha avuto notizia attraverso un articolo di giornale. Parla di morte, ma soprattutto fa riflettere    sulla vita, su quella parentesi interposta, appunto, fra il suo inizio (la nascita) e il suo termine (la morte). Questo tragitto, non importa se breve o lungo, doloroso o felice, tortuoso o ispido, in solitudine o in compagnia, deve essere sempre percorso e accompagnato fino in fondo, attribuirgli grande rispetto e dignità. Quando May è licenziato perchè i «rami secchi» sono da tagliare per far fronte al macro bilancio comunale chiede, prima di lasciare definitivamente il lavoro al Comune, gli sia concessa la possibilità di portare a termine l’ultimo caso: rintracciare i familiari di Billie Stoke. Scopre che Billie ha vissuto una vita intensa, inquieta e piena di contraddizioni che l’ha portato inevitabilmente all’alcol e alla solitudine (un lavoro in fabbrica, la guerra nelle Falkland, un ex amore, una figlia, Kelly, mai conosciuta, due amici barboni alcolizzati). L’esatto opposto della sua: pacata, schiva, abitudinaria, anche se ugualmente desolata e solitaria. Scandagliare la vita di Billie diventa per John ripercorrere trent’anni della sua, prendere coscienza della sua solitudine interiore, del suo infelice immobilismo. Morirà anch’egli solo, di lì a poco. Il suo funerale si svolgerà contemporaneamente a quello di Billie Stoke accompagnato dalla sua compagna, le figlie, i commilitoni, i colleghi, gli amici barboni. Le meticolose ricerche di una vita di lavoro svolte con devozione e umana pietà non sono state vane e alla sua cerimonia funebre, dal regno dei morti, miracolosamente risalgono tutte le persone da lui seguite e, con  Billie in testa, gli rendono omaggio. Anche per lui ci sarà ancora vita, still life. L’intento del regista è pienamente assolto: stagliare una figura di traghettatore di anime, un moderno e pio Caronte che, facilitando ad altri un misericordioso trapasso, acquista egli stesso meriti, dignità, misericordia, riconoscimento.

 

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