“Dove c’è ricchezza della diversità il fascismo pianta i semi della paura, e dalla paura non possono che nascere la violenza, la discriminazione, l’ingiustizia. “[p.4] . Così Teresa Vergalli scrive nella premessa del suo libro “Una vita partigiana”. Sente che il suo dovere di “maestra” non è terminato e che deve insegnare alle nuove generazioni il suo vissuto, perché non dobbiamo solo non ripetere la Storia, ma dobbiamo renderla migliore.  Nata in una piccola frazione di San Polo d’Enza nel 1927 da genitori che mirano sempre a migliorarsi, conosce la sofferenza già a cinque anni, quando il padre Prospero viene imprigionato a causa delle sue idee antifasciste. A scuola, Teresa si rivela subito un’allieva eccezionale, tanto da indurre la maestra a consigliare di proseguire gli studi dopo la terza elementare. I genitori, soprattutto la madre, non hanno dubbi e si adoperano per garantirle tale opportunità. Teresa non li delude, consegue la licenza elementare e supera l’esame di ammissione alle scuole medie. Le medie richiedono ulteriori sforzi: i libri, gli spostamenti, lo studio portano a modificare anche le abitudini della famiglia, in particolare della madre Caterina, che si alza alle 4,30 per farle trovare pane e latte caldi vicino a una stufa accesa, con un piccolo catino d’acqua riscaldata per lavarsi. Non si tirerà indietro nemmeno davanti alle spese per le magistrali. Fin dall’inizio, Teresa racconta della diversità dei suoi genitori rispetto agli altri: si trattavano alla pari, parlavano con i figli, il padre tutte le sere nella stalla leggeva loro i capolavori della letteratura italiana ed europea, credendo entrambi in un mondo migliore possibile solo attraverso la cultura aperta a tutti. Teresa merita la loro fiducia, accedendo anche alla scuola magistrale. Quando la scuola viene bombardata, Teresa diviene “partigiana combattente” sobbarcandosi, con coraggio e senso del dovere, responsabilità gravose e importanti, che spesso le faranno rischiare la vita. La ragazza nei pochi momenti liberi studia, in risposta ad un sistema sociale minaccioso e violento, ove è anche vietato festeggiare, esprimere sentimenti ed emozioni. “Parlare di queste cose era difficilissimo, non si faceva, avrebbe spento l’incoscienza, riacceso la paura. […] quindi ciascuno teneva per sé la sua sofferenza, le sue lacrime, i suoi morti.”  La caratteristica di Teresa è di trasformare le delusioni e gli ostacoli in opportunità di miglioramento e crescita. Decide, allora, di organizzare piccoli gruppi di donne, soprattutto nei paesi montani, dove insegna loro i valori della Resistenza, cosa significhi esserne parte e quanto sia indispensabile combattere per una realtà migliore.  Matura vedendo che nella Resistenza donne e uomini sono uguali. Una doccia fredda cadrà su di lei nel dopoguerra, quando vorranno destinare di nuovo le donne in casa e in famiglia, mentre agli uomini sarebbero ancora toccati i lavori di responsabilità e di rilievo sociale ed economico. Anche grazie al marito Claudio, Teresa si ribella: continua a lavorare, anche per il sindacato, collabora attivamente con le redazioni di giornali femminili, gira tutta l’Italia per istruire le donne sui valori dell’uguaglianza e della democrazia, convinta che insegnare sia prima di tutto un atto politico, intendendo la politica come il perseguimento del “bene comune”. Conseguita, finalmente, la maturità magistrale, rileva l’urgenza di rivolgersi ai bambini, ritenendo che i valori fondamentali vadano appresi fin da piccoli: anche per questo lascia il lavoro amato, ma privo di certezze, per l’insegnamento nelle scuole elementari. Lì introduce nuovi metodi didattici, facendosi seguire sia dagli alunni che dalle famiglie. L’entusiasmo la porterà a toccare picchi di raffinatezza di insegnamento inaspettati. All’improvviso, però, deve chiedere il pensionamento: il padre, data l’età, non è più autonomo e ha bisogno di lei, ma morirà dopo pochi mesi. Teresa è ufficialmente in pensione e ne approfitta per avverare il desiderio di tutta una vita: andare nelle scuole a portare la propria testimonianza.  A novantacinque anni, scrive e tiene incontri nelle scuole aperti a tutti, affinché la sua vera Storia divenga memoria per noi e per i ragazzi.                                                                                                                                                                  A noi e a loro, dunque, la staffetta…

Ilaria Bignotti, psicologa

Vergalli T. “Una vita partigiana”, ed. Mondadori, Milano, 2023.

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