Il cantiere della Superstrada Pedemontana Veneta attraversa le province di Vicenza e Treviso. Quasi 95 chilometri di asfalto toccano il territorio di 36 comuni, tra cui quello di Riese Pio X (TV), dove sono ambientate le tre storie del documentario Asfalto di Dimitri Feltrin. Partendo dalla lettura delle foto di famiglia, Asfalto racconta il rapporto spezzato tra le persone, protagoniste del documentario, e i luoghi che hanno fatto da scenario alle loro intense esistenze.
Come ha scritto Jean Baudrillard (Lo scambio simbolico e la morte) soffriamo quando muore qualcuno che ci è vicino, ed è l’esperienza più simile alla nostra morte, perché con la sua perdita definitiva perdiamo per sempre una parte del nostro mondo e quella parte non potremo più sostituirla integralmente. Questo ci fa soffrire, questo è un lutto. Anche quando perdiamo un luogo in cui abbiamo vissuto una parte importante della nostra vita perché siamo costretti per un qualsiasi motivo a trasferirci altrove, perdiamo una parte del nostro mondo. Questo ci fa soffrire, questo è un lutto.
Racconta una delle persone che hanno partecipato alla realizzazione del documentario raccontando le proprie vite in connessione con il territorio in cui hanno vissuto: «Io ho la mia sedia, mi metto qua e ci sto anche due ore. Da solo, a pensare, per questo dico che è l’ultima volta che devo pensare fino in fondo, adesso devo pensare a metà. Perché mi portano via l’anima, non solo il cuore.>> https://youtu.be/1KtIA7tx8TM?t=94
Trailer del docufilm Asfalto di Dimitri Feltrin (2018) https://youtu.be/Hfct3Ak2HA8
Purtroppo le cosiddette grandi opere hanno un impatto non solo ambientale, hanno anche un grande impatto sociale spesso costringendo famiglie e a volte intere comunità a vivere un doloroso lutto e, come dopo ogni lutto, la fatica di dover ricostruire le loro vite in un contesto diverso. Diverso perché l’opera l’ha irrimediabilmente modificato o perché, a causa dell’opera, le famiglie o intere comunità sono costrette a trasferirsi. Si pensi solamente agli effetti della costruzione delle dighe in Italia che ha provocato l’allagamento di intere vallate e dei relativi paesi.
Come in una favola triste vi erano tre laghi naturali, il Lago di Resia, il Lago di Curon e il Lago di San Valentino alla Muta. Nel corso degli anni ’50 la costruzione di una grande diga per la produzione di energia elettrica, unificò due dei tre laghi sommergendo completamente le 163 case e i terreni del centro abitato di Curon Venosta.
«Ormai è passato più di mezzo secolo ma gli occhi di Theresa Theiner si velano ancora di tristezza quando racconta la storia di Sultan. Sultan era il San Bernardo della famiglia Theiner. Come molti cani, anche lui aveva il suo posticino preferito, da cui con distanza poteva osservare le attività degli uomini: Sultan amava stare sotto il tavolo della cucina della locanda Traube Post. I genitori di Theresa gestivano l’hotel nel centro del paesino di Curon. Finché l’hotel, esattamente come tutte le altre abitazioni del comune, non è stato sommerso. A quel punto Theresa, le sue tre sorelle e i suoi genitori erano già stati trasferiti. Solo Sultan non comprendeva perché il tavolo della cucina non c’era più. “Andava sul luogo dove una volta sorgeva la casa e cercava il tavolo”, racconta Theresa Theiner, “quando poi tutto fu tutto inondato, andava fino a lì nuotando e dovevamo riportarlo a casa in barca”. Nella nuova abitazione il cane non trovava nessun altro posto che fosse confortevole come sotto il tavolo della cucina. Si rifiutava persino di salire le scale della nuova casa. Nessuno a Curon, sia uomini che animali, riusciva ad abituarsi alla perdita subita. “Alcuni tra i più anziani sono morti per il dolore”, dice Theresa » http://www.suedtirol.info/storiedavivere/il-paese-sommerso
Nel suo libro Resto qui Andrea Balzano costruisce un romanzo sulla resistenza di una coppia di abitanti di Curon prima al nazi-fascismo poi alla costruzione della diga che farà scomparire sott’acqua il loro paese. Dall’acqua del lago, diventando un’attrazione turistica, spunterà per molti anni solo la punta del campanile della chiesa del paese.
La morte definitiva dei luoghi in cui quelle persone hanno vissuto comporta per loro un vero e proprio lutto che dovranno elaborare per ricostruirsi una vita altrove.